Scritto da © Andrea Occhi - Ven, 23/12/2011 - 08:30
Sono qui seduto alla scrivania, nel quasi silenzio dell'ufficio, e un pensiero ardito mi penetra lentamente, strisciante e perverso: mi coglie all'improvviso. Stupito, mi soffermo ad ascoltarlo e mi pare di percepire di lontano, come sulle ali del vento, una voce delicata che legge una poesia, non comprendo bene le parole, tuttavia sono consapevole, lo so, che è dedicata a me. Quella voce, sommessa e graziosa, mi accarezza e mi avvolge. Anche se forse è un illusione. Le mie passioni riesce a chetare, come un bicchiere d'acqua fresca l'arsura nella gola. La ragione torna al suo posto, gli impulsi animali rallentano, il mio cuore ritorna a me da chissà quale viaggio oscuro. E' un poco sdrucito, puzza di sudore stantio, ha le scarpe rotte, qualche cerotto, una cicatrice in più ed un tatuaggio disegnato in qualche bettola. Batte però, batte eccome. Rintocchi di vita. Posso essere animale della notte più buia e fangosa, uccello astrale e luminoso, pesce abissale dalle forme mostruose, carne maciullata e sanguinolenta. Posso essere io. Sono multiforme. Anche se, a volte, un poco pigro nei mutamenti. Nessuno è perfetto! Sono ciò che la vita mi chiede di essere. Mi prostituisco. Affronto ogni cliente con la forza del successivo, non per soldi e neppure per sopravvivenza, ma per gioco. Sono una meretrice di emozioni, ma anzichè venderle le compro e con esse mi diverto, anche se, a volte, a pastrocchiare con elementi chimici e radioattivi si rischia la contaminazione. Di qualcosa si dovrà poi vivere. La morte non voglio mi colga sano, senza neppure un punto di sutura. Che morte sarebbe? La conclusione di una non vita?
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