Scritto da © Jhonnydark - Dom, 25/04/2010 - 07:44
Tu che sei anelata insieme al profumo del biancospino
e rossa ti sei tinta a sormontare ogni ostacolo maligno;
per distenderti su verdi prati ancora umidi al mattino;
tu viva con l’onor dei torturati, onor più duro del macigno.
Per te popolo insorge a fianco di partigiani a tentar difesa
di donne, di bambini che non conoscono né gioco né futuro
ma sanno del pianto, della fame, di una guerra incompresa
e di troppe vite finite da rumor di spari contro un muro.
Ora il sole splende sui morti che al grido di “libera Italia”
hanno sovrastato e smorzato il crepitìo dei moschetti
perché di fronte alla morte è l’avvenire che ammalia,
un avvenire libero, strappato alle vite, strappato agli affetti.
Ultimo atto. L’aguzzino coperto d’onta è costretto alla fuga.
Di nuovo gente nelle strade; sui volti dolore, speranza, passione,
è la fine del terrore e anche la più piccola lacrima si asciuga.
Era il venticinque aprile del quarantacinque. Liberazione
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