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Trent'anni senza Calvino, lo scrittore più eclettico del Novecento italiano

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Sono passati trent’anni da quel 19 settembre 1985 in cui un ictus si portò via Italo Calvino, lo scrittore più eclettico del Secondo Dopoguerra, un intellettuale totale, un punto di riferimento per l’Einaudi, per la letteratura italiana e internazionale. In quell’estate del 1985 Calvino aveva lavorato alle lezioni americane che avrebbe dovuto tenere all’Università di Harvard e che sono note soprattutto per la sua lezione sulla “leggerezza” intesa come valore e come orizzonte della società e della cultura coeve.
 
"Dopo quarant’anni che scrivo fiction, dopo aver esplorato varie strade e compiuto esperimenti diversi, è venuta l’ora che io cerchi una definizione complessiva per il mio lavoro; proporrei questa: la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio"
 
spiega Calvino nella parte iniziale del suo saggio seminale e profetico. Perché profetico? Perché Calvino parlando di sé stesso sembra parlare del mondo che sarebbe venuto. Un mondo che, in questi ultimi trent’anni, ha coltivato il mito delle leggerezza. Non ci riferiamo solamente alla letteratura, ma alla rivoluzione digitale, alla possibilità di portarsi il mondo in tasca, alla facilità di prendere un aereo, all’iconografia degli eroi contemporanei (i supereroi) che sfidano la forza di gravità. Calvino parlava di una leggerezza stilistica e “ideale”, in questo trentennio i microchip hanno portato a traguardi “fisici” impensabili.
 
Seguire il percorso di Calvino scrittore significa partire da Santiago de Las Vegas, la località cubana dove nacque nel 1923 e poi spostarsi a Sanremo dove il giovane Italo cresce, studia e compie i primi esperimenti di scrittura prima di unirsi, appena ventenne, alla lotta partigiana che sarà il tema de Il sentiero dei nidi di ragno, suo primo romanzo pubblicato da Einaudi nel 1947.
La casa editrice torinese diventerà l’habitat naturale per l’ex partigiano, ora iscritto al PCI. Giovanissimo Calvino entra in contatto con l'élite intellettuale del dopoguerra: Elio Vittorini, Cesare Pavese, Norberto Bobbio e Natalia Ginzburg. Al debutto nel neorealismo, confermato dai trenta racconti di Ultimo viene il corvo(1949), segue una fase di interesse per la fiaba che abbraccia gli anni Cinquanta con la pubblicazione della trilogia composta da Il visconte dimezzato (1952), Il barone rampante (1957) e Il cavaliere inesistente (1959), le Fiabe Italiane (1956). Dopo il neorealismo e il fantastico, Calvino approda alla fantascienza con Le cosmicomiche (1965) e Ti con zero (1967). Del 1963è uno dei suoi libri di maggiore successo: Marcovaldo.
All’inizio degli anni Settanta, influenzato dalla lettura di Tristram Shandy, dalle lezioni di Roland Barthes, dalle sperimentazioni di Raymond Queneau e dalla scrittura di Jorge Luis Borges, Calvino entra in quella che viene definita la fase “combinatoria”: Le città invisibili (1972), Il castello dei destini incrociati (1973) e Se una notte d’inverno un viaggiatore (1979) sono i tre titoli più significativi.
Negli 1983 Calvino pubblica Palomar, l’ultimo suo romanzo che sarà seguito dalle Cosmicomiche vecchie e nuove del 1984. Fra i libri postumi spiccano le già citate Lezioni americane pubblicate nel 1988. Ma l’attività di Calvino non si può esaurire solamente nei suoi libri e nei suoi saggi. Durante il sodalizio lungo quasi quarant’anni con Einaudi, Calvino ricoprì diversi incarichi, da responsabile dell’ufficio stampa a supervisore del Notiziario Einaudi, da redattore a direttore  della collana Centopagine che fra gli anni Settanta e Ottanta contribuì a far conoscere molti scrittori di valore, una “famiglia” della quale faceva parte.
 
 
(dal web)

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