Scritto da © ariele57 - Ven, 22/10/2010 - 19:43
è rovinato dicono,
con incostanza
mi faccio grattare
da un ramo il fondo,
c'è melma intorno,
eppure una volta
ero lucido
un vaso assurdamente perfetto,
un vanesio appena uscito dal forno,
intero e pomposo.
un lavoro di concetto
di un dio che s'era armato
di pazienza e gusto
per farne
un 'opera d'arte
con il resto del creato.
le mani intorno alla creta
unte ed il giro vorticoso
di una vite
per dargli forma.
manipolandomi con destrezza,
con un movimento rotante di conquistata grazia.
poi la cottura lenta nel caldo antro,
compatezza e forza
cosi acquisita avevo la vita.
una nascita e per non sfigurare con la sfinge
portavo anche in me
parola scritta.
anni di posa,di contesa,
di piena sostanza e
ammirata resa.
poi con il tempo
un colpo di vento ripetuto
e fu
che tra il sole e la pioggia
ricevetti il primo cretto,vissuto
con spavento tanto da girarlo
nell'ombra per non vederlo.
ma dai calendari volano i lustri
e ogni cosa da i suoi frutti
e anche la luna mostra
al sole che langue la faccia.
cosi i colori sbiadiscono,
le mode cambiano
e mettono a letargo
le memorie che non servono
in un canto-ne.Sostituito dal freddo metallo.
che peccato,ero bello,ora più non incanto,sono
in fondo al giardino tra il fango.
ma pur sbeccato
dal gran calcio ricevuto
sto tra il nero fico
e lo spino-bianco,
adossato al muro vecchio
dimenticato...
ma sono il rifugio
di un ranocchio.
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