ISOLE
Isole
esuli dal cerchio degli arcipelaghi.
Chiatte di smanie a galla non dette.
Nane narcise,
fiere del galleggio a non esser penisole.
Diafane e tremebonde d’estendersi.
Ho parlato con l’isola
che voleva girare il mondo
e marinare il suo ristagno.
Fronte di sasso. Cuscino di muschio.
Non è più partita.
È rimasta. Ad ossidarsi.
Marcia giacenza a rodersi
al rodìo dei desideri, denutriti roditori.
Al suo porto giunto del Faro Spento
seguo le impronte sulla roccia
speronata dall’urlo salso del mistral.
Mi costerna tanta costellazione di stelle.
Pubblico di occhi. Nottivaghe spie!
Cerco le mani entrate nel buio. E mi scombuio.
Un tisico chiaro di luna
mi filtra -irrompendovi-
il colonnato delle ossa.
Il mio riflesso, corpo è riemerso,
come un silenzio sopra mille strilli,
meglio saldandosi contro me stesso.
Inciampo nell’immagine di sale bianco
ma al buio non sento il dolore.
Lo sversamento. Lo sgorgo.
È così che tra le frane un’isola si forma.
A forza di essere mare non me ne sono accorto.
E le acque richiusesi,
al liscio algore dello specchio e dell’olio tornate,
riprendono a brillare tali e quali.
- Blog di Piero Lo Iacono
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