Scritto da © Manuela Verbasi - Ven, 20/08/2010 - 13:41
Una fontanella di piazza, la curva d'acqua freddissima che ghiaccia le gengive, si tuffa nella grata. Intorno un muschio verde ricorda il tempo che passa alla statua marmorea con la bocca aperta, sfregiata, e a me che l'osservo pensierosa.
Un mozzicone di sigaretta maculato, tenta di fuggire alla corrente, galleggia e torna nel gorgo, chissà da quando. Sulla sua lapide la scritta: "Visse di labbra". Beato lui.
L'abbaiare di un cane piccolo bianco mi distoglie dal divagare insano e mi riporta a terra. Un rigurgito di tristezza m'accompagna sempre quando atterro di bocca e mi sanguinano le labbra, pur tuttavia rimango fredda, composta, seria, come anche le mie belle scarpe così eleganti, nere. Il mio vestito vaporoso alleggerisce come mi sento. Sarà perché fa snob, ma tengo gli occhiali da sole, se il tempo oscura, non me ne curo, spesso m'accorgo a sera d'averli ancora incatenati al naso. Ho gli occhi verdi, quegli occhi verdi come il mare, e il naso piccolo, il trentasette di piede: una fortuna! Come tutti coloro i quali hanno gli occhi chiari, sono fotosensibile, o fotofobica, e come tutte quelle che hanno il trentasette di piede, sono piccoletta. Non sono fotogenica, ma non mi sembra grave. Fossimo negli anni '60 avrei un cappello bianco, i guanti bianchi, un bianco diverso dal cane bianco: più avorio.
Sono così belle le mie scarpe, hanno un pavè di zaffiri bianchi sulla fibbia, riluce tutto il cielo in ogni pietra. Le amo. Il vestito di maglina ha la gonna larga che dondola sulla pelle, ad ogni passo. Se tu fossi qui davanti, fingendo naturalezza, una volta seduta, la porterei lentamente sopra le ginocchia e ti sfiderei aprendo leggermente le cosce. Ti prenderei una mano, qui davanti a tutti e ti farei salire, entrare, fissandoti. Avrei un po' d'uva di sicuro, e lo so io che ci farei. Se mi metto sono meglio di Tinto Brass. Hai visto la chiave? Quante volte? Cinque?
Potrei partire da qualsiasi visione, da ogni angolo di Venezia e descriverlo minuziosamente senz'averlo mai visto, per arrivare sempre a te.
Vedo due leccare un gelato, ridono s'abbracciano, scommetti che ora si baciano?
Cosa viene dopo il cinque? Ah si, il sei. Non arrivo al sette, te lo dico.
Sono così belle le mie scarpe, hanno un pavè di zaffiri bianchi sulla fibbia, riluce tutto il cielo in ogni pietra. Le amo. Il vestito di maglina ha la gonna larga che dondola sulla pelle, ad ogni passo. Se tu fossi qui davanti, fingendo naturalezza, una volta seduta, la porterei lentamente sopra le ginocchia e ti sfiderei aprendo leggermente le cosce. Ti prenderei una mano, qui davanti a tutti e ti farei salire, entrare, fissandoti. Avrei un po' d'uva di sicuro, e lo so io che ci farei. Se mi metto sono meglio di Tinto Brass. Hai visto la chiave? Quante volte? Cinque?
Potrei partire da qualsiasi visione, da ogni angolo di Venezia e descriverlo minuziosamente senz'averlo mai visto, per arrivare sempre a te.
Vedo due leccare un gelato, ridono s'abbracciano, scommetti che ora si baciano?
Cosa viene dopo il cinque? Ah si, il sei. Non arrivo al sette, te lo dico.
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