Scritto da © ferdigiordano - Ven, 20/12/2019 - 18:08
Più avanti del bar Galiziano, mi pare otto passi,
c'è un platano preso per i fondelli dalla strada.
L’impressione è che via Palestro giri intorno
e il tronco spinga le radici a prendere il bus
facendo saltare la corsa.
Quindi, è il platano il vero falso e gode di forza apposita.
Una specie di passante gli fa le carte.
Penso stia spazzando. Credo aiuti il vento. Dentro
di me si forma leggera una rosa
di scelte, come spesso capita
quando collima la natura alla calma e il miracolo
è quel che guardi se ti osservi. Ho riscoperto Seferis
e oggi ancora di più mi appassiona la sua Leggenda.
L’ho spillata con In time of war di Auden: sono come
la strada e il vento. Lí intorno potrei cadere
e il mio corpo non reggerebbe all’impatto
col testo quotidiano. E non se ne parla, dico.
Non se parla se il vento è contrario,
ma chi parla male a se stesso perde l'occasione
per sostenere la fragilità del bene. Tutto sommato,
è il bene che vogliamo. E poiché il bene viene col raggio
a chiarire che il male è sempre nei nostri paraggi,
stringo il cerchio della passeggiata e non ne parlo.
Viene Rossella che non attendevo.
Spinta dalla spesa o dalle offerte dell’aria conveniente.
Dove il platano rompe il marciapiede, la strada
curva senza darlo a vedere. Lei viene e mostra cuore.
Il vento sposta il centro proprio lì: l’inverno
quest’anno non avrà i gradi sufficienti. Sarà che d’autunno
non si spera il caldo che nelle parole taciute.
Rossella accenna un bacio, rispondo col viso sporto
che non le raggiunge la bocca.
Sarà che ho bevuto e grondo gocce, ma ricorre il sangue freddo
dopo lo spruzzo d'acqua che si spilla col piede.
Non facciamo che precipitare.
Tienimi, potrei cedere… A che? Oscurità, vento, timore?
Ci aggrappiamo a lui che manca:
tienici la mano, tienile strette, per favore,
strada e vento non si battono
se il passeggero torna freddo in un momento.
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