Scritto da © Bruno Magnolfi - Mer, 22/11/2017 - 22:17
I propri essenziali banchi individuali non sono lontani tra di loro, e quando certe volte in quell’aula del liceo vanno avanti alcune ore di lezione forse anche più noiose delle altre, ogni tanto Francesco getta un’occhiata, rapida anche se esauriente, verso il suo amico Neri, immobile in terza fila, a tre o quattro metri di distanza dal suo posto a sedere, che per scelta è sempre stato fin dall’inizio dell’anno scolastico il primo banco alla sinistra della classe. In fondo è accaduto sostanzialmente solo ieri, durante un cambio di insegnante, proprio quando tutti gli altri stavano in piedi a chiacchierare, che lui si sia spostato appunto in quella terza fila tanto per scambiare col Neri qualche parola senza impegno, e mentre gli diceva quello che aveva pensato nei minuti precedenti, sorridendo forse della propria timidezza mentre cercava l’attenzione, Francesco abbia quindi posato la sua mano, forse con un gesto per lui assolutamente naturale, sulla mano dell’amico ferma sopra al piano di quel banco, lasciandola proprio in quella posizione su quel morbido tepore piacevole e così rassicurante, magari leggermente troppo a lungo per evitare che qualcuno tra i loro compagni subito se ne accorgesse.
Nessuno ha detto niente, almeno sull’immediato, e persino il Neri non gli ha dato proprio alcun peso, ma in seguito, quando è suonata l’ultima campanella ad indicare la fine dell’orario scolastico, il suo compagno Carlo Pieri, mentre tutti camminavano lungo l’ingresso principale, ha appoggiato delicatamente una mano sulla spalla di Francesco, sfoderando un acceso senso ironico, e quando lui si è voltato per guardarlo gli ha sorriso in modo quasi claunesco, con un’espressione che non lasciava dubbi su quanto lui stesse pensando. Nessun problema, Francesco se lo aspettava da un momento all’altro che qualcuno iniziasse ad essere un po’ entrante nei riguardi delle sue cose, così lo ha solo osservato un attimo con neutralità senza ribadire niente, e poi ha continuato a camminare rivolgendo subito lo sguardo indifferente avanti a sé: non c’è da preoccuparsi, forse ha pensato; i ragazzi se vogliono sanno essere cattivi, ma a lui non interessa, lui resta uguale a come è sempre stato, oltre certe sciocchezze.
All’uscita si è incamminato verso casa sua Francesco, le mani nelle tasche, lo sguardo rivolto verso il marciapiede di fronte a sé, ma poco per volta ha cominciato a sentirsi come più leggero, praticamente rassicurato dagli eventi, quasi che l’esternazione delle idee e dei propri sentimenti gli avesse proprio provocato una sensazione di sollievo, quella di chi in un attimo si è liberato l’animo, e oramai si trova ben lontano dall’uso consuetudinario dei gesti e delle espressioni, e soprattutto oltre le abitudini della normalità. Un percorso lungo e complicato, pensava raggiungendo con calma la sua abitazione, però del tutto inevitabile, quasi una strada già tracciata che è inutile cercare di abbandonare in qualche modo: soltanto la sensibilità di chi si incontra lungo questa via può fare davvero una evidente differenza; il resto delle scelte che possiamo fare è già dentro di noi, fa parte del bagaglio che ci portiamo dentro, e non serve a niente in un modo oppure nell’altro cercare di adattarsi alla realtà, così come tentare di rendere più lisce le situazioni ruvide che spesso ci troviamo ad affrontare.
Bruno Magnolfi
I propri essenziali banchi individuali non sono lontani tra di loro, e quando certe volte in quell’aula del liceo vanno avanti alcune ore di lezione forse anche più noiose delle altre, ogni tanto Francesco getta un’occhiata, rapida anche se esauriente, verso il suo amico Neri, immobile in terza fila, a tre o quattro metri di distanza dal suo posto a sedere, che per scelta è sempre stato fin dall’inizio dell’anno scolastico il primo banco alla sinistra della classe. In fondo è accaduto sostanzialmente solo ieri, durante un cambio di insegnante, proprio quando tutti gli altri stavano in piedi a chiacchierare, che lui si sia spostato appunto in quella terza fila tanto per scambiare col Neri qualche parola senza impegno, e mentre gli diceva quello che aveva pensato nei minuti precedenti, sorridendo forse della propria timidezza mentre cercava l’attenzione, Francesco abbia quindi posato la sua mano, forse con un gesto per lui assolutamente naturale, sulla mano dell’amico ferma sopra al piano di quel banco, lasciandola proprio in quella posizione su quel morbido tepore piacevole e così rassicurante, magari leggermente troppo a lungo per evitare che qualcuno tra i loro compagni subito se ne accorgesse.
Nessuno ha detto niente, almeno sull’immediato, e persino il Neri non gli ha dato proprio alcun peso, ma in seguito, quando è suonata l’ultima campanella ad indicare la fine dell’orario scolastico, il suo compagno Carlo Pieri, mentre tutti camminavano lungo l’ingresso principale, ha appoggiato delicatamente una mano sulla spalla di Francesco, sfoderando un acceso senso ironico, e quando lui si è voltato per guardarlo gli ha sorriso in modo quasi claunesco, con un’espressione che non lasciava dubbi su quanto lui stesse pensando. Nessun problema, Francesco se lo aspettava da un momento all’altro che qualcuno iniziasse ad essere un po’ entrante nei riguardi delle sue cose, così lo ha solo osservato un attimo con neutralità senza ribadire niente, e poi ha continuato a camminare rivolgendo subito lo sguardo indifferente avanti a sé: non c’è da preoccuparsi, forse ha pensato; i ragazzi se vogliono sanno essere cattivi, ma a lui non interessa, lui resta uguale a come è sempre stato, oltre certe sciocchezze.
All’uscita si è incamminato verso casa sua Francesco, le mani nelle tasche, lo sguardo rivolto verso il marciapiede di fronte a sé, ma poco per volta ha cominciato a sentirsi come più leggero, praticamente rassicurato dagli eventi, quasi che l’esternazione delle idee e dei propri sentimenti gli avesse proprio provocato una sensazione di sollievo, quella di chi in un attimo si è liberato l’animo, e oramai si trova ben lontano dall’uso consuetudinario dei gesti e delle espressioni, e soprattutto oltre le abitudini della normalità. Un percorso lungo e complicato, pensava raggiungendo con calma la sua abitazione, però del tutto inevitabile, quasi una strada già tracciata che è inutile cercare di abbandonare in qualche modo: soltanto la sensibilità di chi si incontra lungo questa via può fare davvero una evidente differenza; il resto delle scelte che possiamo fare è già dentro di noi, fa parte del bagaglio che ci portiamo dentro, e non serve a niente in un modo oppure nell’altro cercare di adattarsi alla realtà, così come tentare di rendere più lisce le situazioni ruvide che spesso ci troviamo ad affrontare.
Bruno Magnolfi
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