Il Giardino è la cosa che più mi impressionò;
venendo dalla casa verso l'esterno, sul lato
sinistro, sopra il tetto del pollaio, una pianta rosso
argento, per i miei pochi anni straordinariamente
liscia; ah quanti sbalzi, quante cadute, quanti martirii
immaginavo seduto sul vialetto d'erba acciottolata
quanti ripetevan loro, i fili, ora teneri con me, ora
secanti sotto le ginocchia appena appena sbucciate
Succhia questa è vita, è miele, sangue!
Ora sali sul tetto a far l'indiano. Non aver timore
perché ondulato. Ed io, io prendevo per il muretto
sottostante, accarezzavo, inerpicandomi, il collo
alle galline variopinte senza curarmi delle ritrosie
senza curarmi dei miei piedi scalzi, per sedermi
una volta giunto sotto i primi snodi, senza fatica alcuna
nella posizione a fior di loto. Sedotto dalle divaricazioni
verso un cielo sempre più turchino, tra cui filtravano, dorati
i fichi della goccia:
reminescenze, oggi ancora dette, bianchi o viola, fiori di passione
da gustarsi, da parte di pochi appassionati, con il cucchiaino
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