Scritto da © Scintilla Elis - Gio, 23/03/2017 - 16:55
Eravamo nello sguardo. Nello spazio unico che esisteva tra i miei, ed i suoi occhi.
Cristalli di sole illuminavano i toni scuri nei dintorni. I rami degli alberi si interponevano nel bagliore attraverso le pareti di saina. La quiete era posa sulla geografia sconosciuta delle nostre labbra.
La mia voce nella sua bocca era un bacio parlato.
Il pizzicore dei peli della barba sollecitava la crescita delle mie parole. E parlavo parlavo parlavo, sottovoce parlavo, dentro di lui, come se l'esistenza, in quel momento, fosse destinata soltanto a quell'incavo.
Dall'interno all'esterno era un passaggio che attraversava l'anima sfociando dagli occhi in una realtà pulita.
Era un via vai, un circolo filtrante di sentimenti. La spinta fisica e spirituale del movimento spontaneo dell'universo.
Stavo buttando l'eccesso, i mostri, i giorni di ieri visti dal futuro, le reti sul fondo impigliate fra scogli, relitti ed alghe.
Mi gettavo in un velo di carezze immobili, nell'eccitazione della mancanza di funi.
Si scuciva tutto il represso in quell'ascolto neutrale. Si scuciva di nuovo la donna dai tasti della macchina da scrivere, risorgeva come una luna nuova il forte impulso del desiderio assassinato. E ci montavo sopra. Di passo in scala. Rossa, diventavo una canzone da suonare con lo strumento della sua lingua.
Cristalli di sole illuminavano i toni scuri nei dintorni. I rami degli alberi si interponevano nel bagliore attraverso le pareti di saina. La quiete era posa sulla geografia sconosciuta delle nostre labbra.
La mia voce nella sua bocca era un bacio parlato.
Il pizzicore dei peli della barba sollecitava la crescita delle mie parole. E parlavo parlavo parlavo, sottovoce parlavo, dentro di lui, come se l'esistenza, in quel momento, fosse destinata soltanto a quell'incavo.
Dall'interno all'esterno era un passaggio che attraversava l'anima sfociando dagli occhi in una realtà pulita.
Era un via vai, un circolo filtrante di sentimenti. La spinta fisica e spirituale del movimento spontaneo dell'universo.
Stavo buttando l'eccesso, i mostri, i giorni di ieri visti dal futuro, le reti sul fondo impigliate fra scogli, relitti ed alghe.
Mi gettavo in un velo di carezze immobili, nell'eccitazione della mancanza di funi.
Si scuciva tutto il represso in quell'ascolto neutrale. Si scuciva di nuovo la donna dai tasti della macchina da scrivere, risorgeva come una luna nuova il forte impulso del desiderio assassinato. E ci montavo sopra. Di passo in scala. Rossa, diventavo una canzone da suonare con lo strumento della sua lingua.
Mi sono squarciata in lui, tra il bisogno di darmi e la voglia di averlo. Mi sono squarciata in lui per ritrovami intera, già sola.
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