Scritto da © taglioavvenuto - Gio, 19/05/2016 - 15:34
Ero l'ultimo. Dopo aver avuto me, mia madre non aveva più allattato altri figli. Ne aveva tenuto in braccio altri: figli di figlie e sorelle, ma non aveva più potuto allattarli. Le loro madri, tornando dal raccogliere arbusti, frutti, radici, dal discendere dai rami, ricordo che si avvicinavano ai suoi grandi seni e tendevano le mani per sorridendo chiederglieli; far attaccare i loro figli ai propri.
Lei non aveva perso il suo sorriso, pareva ugualmente felice.
Ad accorgermi di questa sua specie di sentimento ero io, forse; l'ultimo figlio ad essere stato allattato.
Veniva ancora visitata dopo la perdita della fecondità, ma anche i maschi più giovani, quelli più allupati, avvicendandosi ogni stagione, ad un certo momento smisero di approffittare della sua stazza che la rendeva sempre più reattivamente immobile, finché, da tutti, fu considerata una femmina troppo anziana.
L'ultimo, ed il più forte legame con la vita che ancora le stava in corpo, era il nostro. Sembravo l'unico, così come lei, ad aver conservato intatta la memoria di questa sua emozione. .
Raggiunta l'adolescenza, mi comportai similmente ai miei compagni; nemmeno io mi ritrovai a concupirla, lasciandola dove si trovava, ai margini dello spazio che il nostro gruppo stabilmente ora occupava tra gli alberi e le rocce, ma non potevo fare a meno, casualmente incrociando questa espressione assente, di preoccuparmene.
Tale tipo di mio desiderio, contrariamente a quello fisico maschile di disseminazione, pur essendo ugualmente un desiderio di attrazione e vicinanza, era di natura più labile dell'altro. Non correva come spinta fluente in arterie e capillari, bensì, almeno a me pareva, pur facente parte di qualcosa di necessariamente unitario, in una sorta di ricircolo venoso: lo chiamai un desiderio di ritorno.
Così, cominciai a lasciare nelle sue vicinanze, senza che né lei, né qualcosa di impellente me lo richiedesse, qualche frutto o radice, oppure qualche seme succulento. Affinché, sentendosi abbandonata, non avesse a morire di stenti.
Giunsi, perfino, a sedermici accanto per guardare se, quel suo fare pacioso, avesse in qualche modo a che fare con la fine dell'esistenza oppure, qualche strana malattia.
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