Scritto da © Franco Pucci - Gio, 04/02/2016 - 21:59
Sei del mattino.
Il letto mi ricorda quel roveto grigiastro
osceno spacciatore di more emofiliache
che ricopriva buona parte delle sponde
del Seveso malato vicino casa, a Milano.
-spine dolorose, oh! mani avide e incaute-
Esco.
La merla mi presenta una Chioggia livida,
ha il sorriso decrepito e l’occhio acquoso
di un Achab canuto, sconfitto, mai domo.
Mi stringo nel piumino, brividi mattutini.
-pensieri appesi al cielo, gelide stalattiti-
Il cielo irride.
Nelle orecchie l’eco del tuono magnetico
e nelle natiche il rantolare della corriera.
Ora la merla zittisce, i pensieri sciolgono
e i versi paiono testarde primule precoci.
-sole sfacciato, utopia di primavera attesa-
Volubile azzurro.
La merla sorride e affila il becco -s’intona-
veloce arroto i tasti prima che geli il cuore.
Scrivo, mentre il bianco della sala d’attesa
fa il paio coi camici solerti delle infermiere.
-sorrido, ho l’azzurro in tasca-
La merla stona il fischio, muore nel bianco.
Il letto mi ricorda quel roveto grigiastro
osceno spacciatore di more emofiliache
che ricopriva buona parte delle sponde
del Seveso malato vicino casa, a Milano.
-spine dolorose, oh! mani avide e incaute-
Esco.
La merla mi presenta una Chioggia livida,
ha il sorriso decrepito e l’occhio acquoso
di un Achab canuto, sconfitto, mai domo.
Mi stringo nel piumino, brividi mattutini.
-pensieri appesi al cielo, gelide stalattiti-
Il cielo irride.
Nelle orecchie l’eco del tuono magnetico
e nelle natiche il rantolare della corriera.
Ora la merla zittisce, i pensieri sciolgono
e i versi paiono testarde primule precoci.
-sole sfacciato, utopia di primavera attesa-
Volubile azzurro.
La merla sorride e affila il becco -s’intona-
veloce arroto i tasti prima che geli il cuore.
Scrivo, mentre il bianco della sala d’attesa
fa il paio coi camici solerti delle infermiere.
-sorrido, ho l’azzurro in tasca-
La merla stona il fischio, muore nel bianco.
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