Il Golem (leggende napoletane) | Lingua italiana | Antonio Cristoforo Rendola | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Il Golem (leggende napoletane)

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“Nel tempo in cui era vicerè a Napoli Pompeo Colonna [1] accaddero in città alcuni fatti veramente straordinari. Nella zona alta immersa nel verde e nel profumo dei vigneti[2] c’era la grande proprietà  di Cosimo Busale , un ricco agricoltore che, oltre che produrre vino, commerciava variamente per tutta la città. I suoi lavoranti con le loro famiglie occupavano le case servili  ai margini del possedimento, mentre cal centro di esso  vi era la splendida casa patronale, un vero e proprio castello abitato da Cosimo, dalla moglie Violante , dal figlio Jacopo, dalla vecchia balia e da altre tre serve.
Cosimo era un bell’uomo  sui trantacique anni, una persona onesta e leale che aveva interessi commerciali anche in altri paesi europei, ragion per cui ogni tanto intraprendeva viaggi che lo tenevano lontano cda casa  per diversi giorni. Spesso si recava a Praga dove adorava i giardini reali di Kralovska Zahrada passeggiando per i quali aveva conosciuto il rabbino  ebraico Jehuda Low Bezalel dalle teorie del quale era rimasto affascinato  tanto che aveva voluto ricevere l’anabattesimo, cioè la ribattizzazione di quanti, neonati, avevano ricevuto un battesimo per volontà altrui  e per interposta persona.
Una volta il suo viaggio durò più tempo del solito e al ritorno lo videro che trasportava su un carro qualcosa di grosso che aveva accuratamente ricoperto  con un telone. Andò a parcheggiare  in una grotta naturale al riparo da occhi indiscreti. In quel periodo i suoi affari andavano a gonfie vele, ancora meglio del solito. Questo andazzo suscitò l’invidia di molti altri mercanti in special modo di un tale Antonio Sacolle, suo confinante ed acerrimo nemico. Costui era un omone rozzo e volgare con un’epa enorme che gli sgraziava ancor di più un corpo basso e tarchiato.  Ebbene accadde che un giorno Antonio, per caso, vedesse Cosimo entrare   furtivamente nella grotta. Incuriosito si avvicinò quel tanto che bastava per vedere che egli esaminava con attenzione una statua d’argilla grande come tre volte un uomo ed addirittura vi parlava:
Farò incisione sulla fronte tua diella parola che dissemi il rabbino ed assoggetterò lo tuo naturale potere alla mia volontade così farai lavoro nei campi con la forza di venti omini. –
E cosa saria ‘sta stregoneria? – si chiese fra sé il Sacolle. Dopodichè si ritirò ed, un po’ per una naturale gelosia, un po’ per sua costumanza, sparse la voce che Cosimo fosse uno stregone  che in quella grotta facesse “trattamento co’ lo demonio” .    l'invidia può essere definita come il rammarico e risentimento che si prova per la felicità, la prosperità e il benessere altrui, sia che l'interessato si consideri ingiustamente escluso da tali beni, sia che già possedendoli, ne pretenda l'esclusivo godimento... è il desiderio frustrato di ciò che non si è potuto raggiungere per difficoltà o ostacoli non facilmente superabili, ma che altri, nello stesso ambiente o in condizioni apparentemente analoghe, han vinto con manifesto successo.  Ed è proprio per questo che Antonio non si faceva mancare occasione per calunniare Cosimo. Una sera in un’osteria accese l’animo di alcuni facinorosi dicendo loro:
- Il Busale trama co’ la malalingua contro di voi tutti, Ello vi odia e faravvi qualsiasi cosa per primeggiare ne la mercanzia co lo broglio illegale. Per questo abbisogna che noi si prendano provvedimenti denunciandolo a la competente autorità…-
Ma quando si accorse che non poteva ottenere alcun vantaggio dalle denunce che egli stesso fece, riunì allora un gruppo di latifondisti nella sua casa e disse loro:
- Nente potetti ottenere da le autorità che non ritengono poter facere inerventa. Ebbene io vi dico che io stesso sentii parlare lo Busale con un mostro d’argilla per asservirlo alla volontade sua. In verità vi dico che illo è pericoloso e che bisogna intervenire. Come? Anche con la forza se occorre. E se occorre combatteremo l’acqua co’ l’acqua ed il foco col foco!-
Dopo sei notti si portarono con i loro uomini davanti alla casa di Cosimo armati di bastoni. Il minaccioso gruppo, appena illuminato dalla tremolante luce delle fiaccole cominciò a rumoreggiare.  Fu proprio il Sacolle a prendere l’iniziativa ed a gridare:
Maledetto cosimo! Che te si accorato co’ lo diavolo? Ti vidi, sai, in adorazione davanti a la sua immagine d’argilla! Cosa ci facevi costà? Giacché te sì venduto allo Inferno, allo Inferno ci andrai! E tico[3] affogheranno tra lo fumo anca li parenti e li servitori che s’annidano ne la tua casa!-
Improvvisamente una torcia lanciata ruppe il vetro di una finestra.
E’ pazzo! – gridò Violante.
Anime del Purgatorio!- Le fece eco la vecchia governante.
Subito dopo, come tante stelle cadenti, altre torce   si abbatterono quasi contamporaneamente sulla casa. Le serve, quasi contemporaneamente, si lanciarono fuori dove vennero finite a bastonate. Dall’interno si udivano le urla di terrore di Violante e di Jacopo confondersi col crepitio delle fiamme. I lavoranti, usciti dalle loro baracche, rimasero inorriditi a guardare il misfatto che si stava consumando sotto i loro occhi finché la casa, invasa dal fumo, collassò su se stessa.  E solo quando ormai non era rimasta che cenere, Antonio Sacolle e gli altri, evidentemente soddisfatti, si ritirarono in buon ordine.  Nell’incendio persero la vita Violante e Jacopo. Cosimo, dopo aver invano cercato di salvarli, riuscì miracolosamente ad infilarsi in cantina.  Fu condannato (seppur creduto morto) dal Tribunale della Santa Inquisizione per combutta col demonio secondo le testimonianze degli stessi che gli avevano bruciato la casa ed  uccisi i parenti. Le sue proprietà furono vendute all’asta ed acquistate proprio dal Sacolle che in tal modo ingrandì i suoi possedimenti. “
 
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Alcune considerazioni personali.
Vendicarsi di qualcuno che ha fatto del male a se stesso o a noi o ad una persona cara, inutile negarlo, è una fantasia alla quale il cervello di ognuno può attingere in alcuni momenti come naturale manifestazione di una rabbia repressa. Accettarla ed osservarla può essere utile. Essa rivela qualcosa della nostra “parte ombra” ovvero qualcosa di più su noi stessi , ma c’è un punto oltre il quale esse irrompono nel fluire  dei nostri pensieri  ostacolandone il naturale flusso ed occupandone immaginazioni sempre più dettagliate dalle sfumature sadiche.  In tali casi il cervello organizza la sua attività intorno a questi nuclei di pensieri patrologici fino ad un ulteriore punto critico oltre il  quale la nebbia straripa  in un’azione con la messa in atto della vendetta. 
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“La notte stessa dell’eccidio   Cosimo, con l’aiuto dei suoi contadini, dette sepoltura a tutti coloro che erano periti nell’incendio. Poi da solo tirò fuori il carro dalla grotta, vi attaccò i cavalli e si avviò su di esso verso il mare. Da allora non pensò ad altro che a vendicarsi di tutti coloro che avevano causato la morte della moglie e del figlio.  Si sarebbe vendicato con l’aiuto del golem.
 
            Il golem[4] rappresentava per gli ebrei l’uomo prima che il signore gli concedesse il libero arbitrio, quindi non aveva la facoltà di pensare ed era un essere irresponsabile delle proprie azioni, una figura mentalmente primitiva assoggettata alla volontà di un altro. 
 Una freddissima sera, crocchi di gente ammantellata di tutto punto stavano recandosi ognuno verso casa propria. Avevano il naso rosso che appena gli sbucava da cappucci improvvisati con sciarpe e stracci, e con la testa bassa per il vento appena ci vedevano al chiarore di una luna sconosciuta e per questo immaginata come scrigno di pensieri e desideri.
Fra la gente un ragazzino, denutrito e malvestito, chiedeva l’elemosina:
Facite lu bene…facite lu bene…-
Ma nessuno lo ascoltava ed ognuno fuggiva di qua e di là tanto che ben presto il poveretto rimase solo in strada. Poi la sua voce si spense pian piano coperta dal soffio impetuoso del vento gelido che ramazzava foglie morte  nel vicolo. 
Per ripararsi si addossò ad un muro e, guardando attraverso i vetri di una finestra che in esso si apriva, vide una famigliola intenta a consumare una parca ma garrula cena. La mamma distribuiva pane e latte ai suoi bambini ed il papà desinava una fumante minestra.  Gli occhi del ragazzino brillavano come due stelle. In cielo la luna  faceva capolino dietro veloci nuvolette spinte dal vento. D’un trattov il vento c’essò e con lui il fruscio delle foglie trascinate in piccoli vortici. Il suolo cominciò a vibrare via via sempre di più, mentre un suono di passi pesasntissimi e decisi come martellate aumentava gradatamente. Tutta la famigliola interruppe la cena e si mise a guardare fuori dalla finestra attraverso i vetri. Il ragazzino, spaventato, andò a nascondersi dietro un carretto lasciato in sosta in un angolo.
Un ombra enorme si stagliò nel vicoletto ed andò ad oscurare il volto del ragazzino che trattenne il fiato con un groppo alla gola. Era il gigante d’argilla importato da Praga: il golem!
Cosimo, seguendo gli insegnamenti del rabbino, lo aveva risvegliato scrivendo sulla sua fronte la parola “ղ ղ փ” (“emef”  in italiano “verità”) e lo avrebbe poi riaddormentato scrivendo invece la parola  “ղ ղ” (“mef” in italiano “morte”). Era un mostro dotato di una forza enorme, dalla vaga forma umana che respirava senza bocca e naso e vedeva senz’occhi.
Si fermò davanti alla porta della casa e fracassò la porta con un calcio. Tutta la famigliola  indietreggiò terrorizzata. Fu allora che sulla sua faccia si aprirono, come per incanto,  due occhi  di fuoco dai quali, dopo qualche istante, saettò un fulmine che andò ad incenerire l’uomo. Poi, tra le urla delle donna, il pianto dei bambini e il terrrore del ragazzino nascosto dietro il carro, si allontanò per dove era venuto.
 
Accurre, accurre…- gridò il ragazzino.
Aita! – Urlò la madre.
 
In breve si fece un capannello di gente che chiedeva cosa fosse successo, ma tutti i testimoni, troppo spaventati non riuscirono a descrivere esattamentev l’accaduto.
 
Nu mostro…- disse il ragazzo
Nu lampo da fora – disse la donna
 
Quell’uomo aveva partecipato all’eccidio della famiglia Busale e fu la prima vittima della vendetta di Cosimo. Nelle notti seguenti altri cadaveri furono ritrovati misteriosamente inceneriti in varie zone di Napoli. Il vicerè Pompeo colonna incaricò delle indagini un capitano della guardia tale Alejandro Ramos Castillo che per primi interrogò il ragazzino che chiedeva elemosina e la moglie della prima vittima.
 
Comme ll’ati aggio veduto nu mostro de prieta, grosso comme ‘na montagna che filava lo foco da li occhi…- Testimoniò il ragazzino.
Nulla viditti si no uno lampo ca trasitti dint’’a la casa mia e accise lo marito nel tempo de nu guardo…- disse la vedova.
Più esaudienti furono altre testimonianze.
Nu mammone brutto tutto de argilla ca camminaia sicuro e colpiva co le saette de foco che li uscivano da li occhi…-
Facia paura!-
Manco ‘a bucca tenia -.
Ma, seppur fosse una notevole creatura, Ramos Castillo non riuscì mai a ritrovarne le tracce.
Ormai l’anello mancante della catena d’odio scatenato da Cosimo e che tanti lutti aveva disseminato in città era solo lui: Antonio Sacolle.
Egli viveva a Poggioreale  nella sua tenuta posta ai margini della città.
Grosso allevatore di ovini, produceva, oltre che latte e carne, anche lana che esportava fino in Daunia ed in  particolar modo in Capitanata.[5]
L’intera zona del Poggio, suo quartier generale, era custodita da un esercito personale di armigeri alcuni dei quali, avendo partecipato all’eccidio della  famiglia Busale, erano già stati oggetto della  vendetta di Cosimo.
Anche costoro furono sguinzagliati alla ricerca del  golem e naturalmente furono indirizzati verso la caverna dove, in un primo momento, Busale aveva nascosto la mostruosa creatura. Ispezionarono perfino ad una ad una  le catapecchie dei contadini, ma senza venire a capo di nulla. Lo stesso Antonio si chiedeva dove potevano essersi nascosti Cosuimo e il suo mastodontico alleato. Ordinò così ai suoi di spingersi a nord fino a Capo Posillipo ed a sud fino alle pendici del Vesuvio”.
 
 
 
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Insomma mi parve davvero strano che non riuscisse a trovare il nascondiglio di un essere così grande  da non poter passare inosservato e tra l’altro aveva un particolare: cioè che per ogni ordine che eseguiva cresceva sempre di più e, quindi, qualsiasi nascondiglio ad un certo punto sarebbe diventato insufficiente, meno uno: il mare, sott’acqua, nella zona di “Mergellina”, mentre Cosimo si nascondeva in una capanna di pescatori.
 
 
 
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“Una notte, nonostante tutta la città fosse ormai in allarme e, quindi, controllata da armigeri e scagnozzi, Cosimo decise di portare a termine la sua vendetta. Al suo richiamo il golem sorse dall’acqua che al suo apparire prima cominciò a ribollire in molteplici bolle, poi si espanse in onde schiumose tutto intorno.
 
Oggi, oh stele di Adamo – disse il Busale – porterai a termine il tuo compito, poi tornerai a riposare per sempre nelle acque del mare. Ti porterò da Antonio Sacolle e niente dovrà fermarti!-
Il mostro salì su un carretto più grande di quello col quale  era stato portato in precedenza e si lasciò ricoprire da un telo.
Accadde, però che, durante il tregitto da “Mergellina” a “Poggioreale” il carretto fu fermato da un gruppo di guardie:
Ohè, che porti in giro a chest’ora della notte?- disse uno di loro.
Vino. E ch’aggià da portà all’ora di notte?-
E pe’ quale motivo porti cotanto vino?-
Ah, è pe no matrimmonio de domani.-
Allora è vino virtuoso?-
Est, est, est mio signò.-
- Bien, - disse la guardia – allora, scendi, scendi, scendi…-
< >
Scendi e facci assaggiare ‘sta prelibatezza. Co’ donne e vino il freddo non te sta vicino.-
< >
- Su, muoviti! – fece la guardia minacciosa.
Intanto un’altra guardia era salita sul carro ed aveva levato via il telone:
Guè, cumpari, viniti a vedere che strana botte trasporta chisto!?-.
Un paio di loro salirono sul carretto, altri si avvicinarono solamente.
Altri che vino porti! – disse uno – Sei tu, dunque che porti sta incredibile fiera ad accidere la gente?-
Sguainò la spada e lo trafisse. Mentre Cosimo cadeva a terra premendosi le mani sul ventre insaguinato:
E’ lui lo ricercato. – esclamò una delle guardie. Lo prese per i capelli per girargli la testa
Lo stregone! –
Beh, stregone o no , ora schiatta come comune mortale.- disse colui che lo aveva colpito. – Mo’ gli taglio la capoccia e la porto dal Capitano. Mi sa che ci tocchi un premio.-
Tutti risero a crepapelle. Intanto nessuno si era accorto che il golem si era ridestato e si era portato ale loro spalle. Quando se  ne avviderò trovarono il mostro che li fissava immobile  con occhi di fuoco.
Poche fulminee saette e li incenerì tutti. Tra il crepitio delle fiamme raccolse il cadavere di Cosimo e si avviò verso “Poggioreale” tra la meraviglia di quei pocjhi nottambuli che lo videro passare.
 
         Allorchè giunse in vista della casa padronale del Secale fu affrontato da coloro che vi erano stati messi a guardia, ma nessuno riusciva a fermarlo. Avanzava tra sciabolate, schioppettate e bastonate incenerendo con le sue saette tutti quanti gli si paravano innanzi. In casa Antoni ofu svegliato dal trambusto, scese nel salone d’ingresso per vedere cosa stesse accadendoe si fermò al centro. D’un tratto, con un frastuono assordante, il golem divelse la porta con una sola spallatae si trovò faccia a faccia col Secale inebetito dal terrore. Depose in terra il cadavere di Cosimo mentre i suoi occhi da rossi diventarono di un azzurro sempre più intenso finchè non partì una saetta dello stesso colore che colpì il Secale facendolo diventare istantaneamente una statua di argilla. Poi riprese il cadavere di cosimo e, tra lo sbalordimentio di quanti lo videro, ritornò a “Mergellina” dove s’immerse nelle acque e sparì per sempre  unitamente al suo padrone.”
 
 
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Nel XVI secolo, quindi, secondo quanto lessi nel libro, il rabbino Jehuda Low Bet Belalei, creò dei golem per sfruttarli come suoi servi plasmandoli nell’argillae risvegliandoli scrivendo sulle loro fronti la parola  “verità”.
Mi viene da pensare che il popolo ebraico, troppo debole e bistrattato, avesse bisogno di creare miti che lo proteggessero.
Il golem, infatti, era una sorte di angelo che operava  per la difesa  di alcune comunità  religiose dell’Europa orientale.
Gli uomini, in fondo, fin da epoca preistorica, per combattere le avversità si avevano dovuto inventare una figura a loro superiore da eleggere a loro protettore. Così si sviluppò il culto di vari dei come Osiride in Egitto, Thahat in Mesopotamia, Giove in Grecia…ecc. Mi chiedo se, per caso, non si fossero inventato anche il nostro  Dio.
Tuttavia il golem non fu solo mitologia perché un cronista del  XII secolo, tale Ahimaaz Ben Patel ci parlò di come un rabbino del IX secolo, Aharon Bizul Semal, avesse scoperto l’esistenza di un golem nerlla città di Benevento.
Inoltre pare che alcuni golem creati da Ben Bazalei si trovano ancora oggi in una sinegoga di Praga.
 
         Molto simili ai golem sono i  “non morti” dei quakli avevo lettov in precedenza in diversi testi. Lo stato di “non morto” si otteneva tramite la magia necromantica ed era una combinazione naturale  nella quale lo spirito del “non morto” veniva legato dalla magia  ad una forma terrena corporea. Essi potevano provare solo in misura molto ridotta le sensazioni che provavano in vita come il calore, il gusto ed il  dolore. L’unica eccezione era causata dalla “Luce Sacra”  che provocava un dolore atroce perché andava a colpire direttamente i legami della magia nera che manteneva il “non morto”nei suoi due stati: quello incorporeo e quello corporeo.
         Proprio di due non morti parlava la storia che mio accingevo a leggere nel “De paranormal” a notte fonda.
 
[1] Tra il 1530 e il 1532.
[2] A ridossso della collina dei Camaldoli.
[3] Con te.
[4] Figura antropomorfa della mitologia ebraica il cui temine deriva dalla prola “gelem” che significa “materia grezza”. Esso è accomunato ad Adamo prima che gli fosse infusa l’anima.
[5] Daunia, attuale Puglia nord occidentale. Capitanata, zona del foggiano.

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