Scritto da © giancarlo buono... - Ven, 04/12/2015 - 07:41
Da "Per me Biancaneve gliela dava ai sette nani"
La favola è la lingua di ciò che chiamano inconscio.
La parola inconscio non solo è brutta ma fuorviante.
Nella favola, la struttura, la tecnica, la lingua finiscono per
assorbire il sottosuolo della coscienza dandogli il
corpo di un orco o una strega. Il desiderio prende una
forma e l'angoscia viene così circoscritta. Da quelle
immagini elementari scaturiscono i racconti infantili.
Il desiderio è sempre presente, per quanto edulcorato
dalla coscienza e fa sentire il suo peso. Gli adulti sono
distanti da se stessi e da quello che conta, ma i
bambini lo sanno bene che Biancaneve gliela dava ai
sette nani.
La parola inconscio non solo è brutta ma fuorviante.
Nella favola, la struttura, la tecnica, la lingua finiscono per
assorbire il sottosuolo della coscienza dandogli il
corpo di un orco o una strega. Il desiderio prende una
forma e l'angoscia viene così circoscritta. Da quelle
immagini elementari scaturiscono i racconti infantili.
Il desiderio è sempre presente, per quanto edulcorato
dalla coscienza e fa sentire il suo peso. Gli adulti sono
distanti da se stessi e da quello che conta, ma i
bambini lo sanno bene che Biancaneve gliela dava ai
sette nani.
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