Librandomi lubricamente come un lumacone sopra un lembo di una latifoglia, sul lungosenna, tra lugubri lampioni con le luci a led, mi lanciai
in una languida milonga con una lentigginosa lattaia di Ladispoli
dalla lingua lunga e dalle lontane origini lituane. Lasciai poi la scena con un lento da leggenda, allontanandomi a levante con la mia Lancia Ls color lavanda presa in leasing a Liverpool e, libero come un lombrico sulla lattuga, mi levai il mio loden a losanghe longitudinali frutto di un lontano lascito di un luogotenente della Luftwaffe e, lasciando libera la mia fantasia, mi dedicai a livellare e lucidare con una lima in lantanio una lunga lancia di un antico lanzichenecco morto per una letale leishmaniosi levantina. Poi, levando un lembo di un lenzuolo di lino di Linosa, mi allungai in un letto di legno di larice dopo l'assunzione di long-drink lassativi al licopene e tisane al lampone e liquirizia lungamente lavorate in un liquorificio livornese da un logorroico ex lattoniere amante del luppolo e dei lecca-lecca al lattosio.
Quindi, languido come un logopedista della Lapponia, mi limitai alla lettura di leggiadre litanie libanesi lasciando libero da ogni legame il mio Labrador di
nome Lapo, lungodegente per una fastidiosa lussazione ai legamenti
che gli procurava lamentosi latrati lancinanti.
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