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Il risveglio

Victor era un extraterrestre e come lui venivano chiamati extraterrestri tutti i residenti del primo livello. Lo sviluppo verticale delle metropoli era stata l'ennesima occasione per confermare gli effetti nefasti della liquefazione sociale, avvenuta il secolo scorso con la globalizzazione economica. La civiltà metropolitana delle megalopoli e delle megastrutture aveva preso il sopravvento diventando enclave transnazionali a statuto speciale. Avevano suddiviso queste società in classi: inferno, purgatorio e paradiso ( o Nirvana ). Tre classi. Sotto i mille metri l’inferno dove abitavano i terrestri, fra i mille e i duemila metri quelli del purgatorio, sopra i duemila metri quelli del paradiso. Diversamente dal prototipo Dantesco gli accessi fra le varie sezioni ovviamente erano possibili a tutti ma se uno nasceva in un livello non poteva vivere in un altro livello. In questa società, ogni individuo che nasceva gli veniva assegnato un posto alla nascita e tale rimaneva per tutta la vita.
 
La notte era finita ma il risveglio tardava a prendere il sopravvento. Victor era spossato esausto, sdraiato nel letto in uno stato di tenue torpore fra sogno e realtà. Aprì un occhio e guardò il bordo della veneziana che non era più allineato. La finestra divelta era ancora lì, trasformata in un tappeto di frantumi luccicanti. La mente però continuava a ripercorrere tutto quello che era accaduto la sera precedente come in un onirico film d’azione.
Victor era in collegamento con Adler un lontano compagno di università, mentre stava preparando cena. C’era sul tavolo un piatto di porcellana rettangolare diviso da un cruditè di scampi sopra una fetta di pompelmo rosa e del calamaro ad anelli marinato in un battuto d’olio rosmarino e salvia. Completava la coreografia una rosa di maionese al latte e curcuma con una spolverata di semi di sesamo nero. In quel momento stava stappando una bottiglia di Roero Arneis per versarlo in un opaco calice ghiacciato. L’impiattamento era forse la parte che lo appassionava di più nell’arte della cucina. Rimaneva da posizionare l’ultimo scampo quando l’HAS ( Home Automation Server ) emise la segnalazione di allarme. La centrale avrebbe tolto l'alimentazione e di lì a poco infatti si attivarono le modalità di basso consumo della casa. Una serie di led blu segnalavano che l'energia era stata interrotta. Ma ad un certo punto il video diagnostico visualizzò l'interruzione dell’energia anche all'intero stabile. Victor aprì la finestra, usci nel terrazzino e si accorse che tutto tutto il gigantesco grattacielo era stato disalimentato. Any1 si presentò nello schermo di emergenza.
“Stanno cercando Noa!”
“Hanno appena tolto corrente. Quanto tempo ho?”
“Meno di 10 minuti… Io e Any2 siamo già sotto attacco e non riusciremo a coprirti ancora per molto”
Correre. Victor non rimaneva altro che correre e aveva circa 7 minuti per disattivare Noa. Per farlo però, doveva raggiungere il seminterrato del grattacielo che stava un chilometro sotto. Correre così all'impazzata, come una furia contro il tempo per non tornare in carcere. La Ncsa era alle sue calcagna e volevano prenderlo ancora una volta ma Victor, non aveva nessuna intenzione di farsi beccare. Il tempo quando corri, si comprime fino ad annullarsi il corpo umano non razionalizza più e tutti i sensi sono occupati nel mantenere l’equilibrio e il movimento del corpo. Non hai tempo per pensare se non arrivare laggiù, prima che accada l’irreparabile. Il lungo corridoio completamente buio era inetrvallato da cerchi laser di colore verde che segnalavano le uscite intermedie. Il ronzio in bassa frequenza delle ventole di alimentatori accompagnava l’eco della falcata accorciata di Victor che doveva raggiungere l'area 12. Li c'era l'air elevator per il sotterraneo.
Squillò l’Umir ( Uman user interaface ).
"Dove sei?" Chiese Any2
"Sono loro?" Rispose Victor in debito di ossigeno. La fatica intanto stringeva i denti e sentiva il sangue premere sulle gengive, anche il sudore bruciava gli occhi che stropicciava cercando di alleviare il fastidio. Ma non era ancora arrivato.
"Sbrigati! Mi stanno massacrando il server!!! 10:100:53:22!" Urlava Any2 nella cuffia.
"Tutte sul quadrante pos..." tentò di protestare ma la voce era già andata via.
Una volta raggiunto il decimo livello attraversò il corridoio saltando il canale di scolo centrale. Quando poi vide gli anditi dove c’era il suo laboratorio ebbe un ultimo colpo di adrenalina che arrivò ai muscoli e aumentò l’andatura. Vide la porta 11:22 che era la sua ma le gambe ormai non lo sostenevano più è inciampò un paio di volte.
Entrò nel suo laboratorio dolorante, investito dalla luce color ciano creata dell’allarme di disalimentazione, mentre beffardamente i droni rottame lo salutavano con non poca malcelata ironia.
Mise la mano nel computer e aprì la stanza segreta di Noa.
"1 minuto sbrigati!" Anche Any1 adesso era preoccupato.
Victor si posizionò nella scrivania. Digitò il codice di entrata
"30 secondi. Victor..." Victor intanto parlava sottovoce.
"Selezione indirizzo di ingresso rete 10:100:53:22. Selezione della voce di svincolo e shut down della macchina virtuale. Shut down in corso. Dai Noa chiudi chiudi..."
Adesso era finita per d’avvero. Non si poteva fare altro.
“Spento? Victor? Sei riuscito a spegnerlo?” Any1 urlava
“SI! Si sono riuscito a spegnerlo.”
Nello sniffer, che compariva sul monitor laterale, vedeva miliardi di richieste di accesso a Noa che non potevano più essere eseguite, perché la madre delle reti illegali era svanita in quell’istante. Fra quelle richieste c’erano anche quelle della Ncsa che sicuramente stava elaborando le ultime tracce lasciate. Chissà se erano riusciti a scoprire dove risedeva quel server. Le gambe ora cedettero; la pressione sanguinea era altissima e ci vollero 10 minuti per riprendersi.
Staccò l’Umir non aveva più voglia di sentire i suoi compagni di merende esultare per lo scampato pericolo.
Victor così dopo poco riprese la via del ritorno lentamente, non c’era più fretta. Si avvicinò al videocitofono per la scansione della retina che anticipò il click di apertura della porta. L’appartamento era nella allietante semiombra. Si tolse le scarpe e entrò nel bagno laterale. Si attivò la doccia emozionale e una sferzante acqua temperata corroborò l’affaticato corpo esausto. Così l’acqua corrente scivolava via assieme alla fatica e il sudore salato dagli occhi. Il sollievo lo avvolse piano piano. Victor si vestì del necessario e usci per raggiungere la cucina. Vide così un uomo che non conosceva seduto al tavolo che stava terminando l’entree. “Non male… davvero non male” disse l’innominato. La serata non era finita.

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