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L'inizio

Tutti i romanzi nascono per cause traumatiche, ma nessun scrittore avrà mai il coraggio di ammetterlo pubblicamente. Uso il termine trauma nella sua eccezione psicologica e non con la sola connotazione negativa che, ad esempio, gli diamo quando lo utilizziamo per descrivere un trauma fisico. Magari potrei anche dire dopo una forte emozione, o forse emotivamente coinvolgente. Le sento però espressioni deboli, edulcorate, insufficienti, che non spiegano bene quello che si prova in quei momenti. Ecco, adesso che ci penso, direi che la regola dello scrittore potrebbe essere questa: tutti i romanzi nascono dopo un trauma. Diretta, semplice. Finita questa premessa l'inizio di quel romanzo non faceva eccezioni alla mia presuntuosa regola ma, come spesso accade nella vita, quei particolari momenti avevano anche avuto aspetti grotteschi.

Sarò sincero con voi, mi piace viaggiare ma non tutti i viaggi mi entusiasmano. Quello che stavo facendo ad esempio in quel momento, ne avrei fatto volentieri a meno. Questi viaggi diventano la somma di noiose attese, fatte di trasferimenti mandriani con trolley geneticamente deformi, di checkin con asettici ufficiali di frontiera, di cibo mangiato in vaschette di poliuretano espanso che per osmosi ne condivide il gusto. Ti pervade sempre una sensazione di solitudine i bagni di folla che sei costretto a subire ad ogni transumanza. Ti giri e intorno a te vedi solo emigranti allineati in file compresse da sinusoidi percorsi. Il giorno seguente raggiungemmo l'hotel "Ramada" che è in prossimità del "Burj Khalifa" il grattacielo piu rappresentativo di Dubai. Assieme al celebre albergo "Burj al-Arab" erano sicuramente le due icone di questa capitale mondiale del nulla. I meccanismi di questa economia sono al di fuori delle mie possibilità di comprensione e capire il senso di questa città è per me impossibile. Dalle palme nell'oceano al mondo insulare, sono tantissime le prove a sostegno che, da queste parti, il ragionevole senso estetico delle cose sia definitivamente morto e abbia lasciato il posto all'aberrante trionfo del kitch.

L'indomani mattina Valdo, il mio capo redattore, doveva avere il primo incontro con un paio di rappresentanti della Phoenix. Quello che dal nome sembrava un avamposto sudista d'oltre oceano, era invece l'antefatto di un colosso cinese che fra libri e televisione a furia di incrementi percentuali annui a due cifre, aveva raggiunto il fatturato dell'intera editoria italiana. Valdo aveva avuto un frenetico scambio di email tutte sostenute da google translator. Aveva spacciato una serie di esclusive che non erano più nostre ma della società che aveva comprato il 70% delle quote aziendali lo scorso anno. Per tutto il viaggio mi ha ripetuto come uno schizofrenico

“Vedrai che pacco che gli rifiliamo a queste teste di limonata alla mandorla”
“E… vedremo” rispondevo, pensando che razza di gusto poteva avere una limonata alla mandorla.

I risultati nefasti di quella trattativa epistolare, non si fecero attendere e anzi arrivarono prima del previsto. Io e Valdo ci incontrammo nell'andito dell'albergo alle 18:30. Raggiungemmo l'ascensore piuttosto trafelati ed entrammo insieme ad altre 4 persone. Non ci volle molto per capire che anche loro erano italiani. Questi alberghi internazionali sono naturalmente multietnici ma non nego che in tutti questi casi provo un sottile piacere nell'ascoltare in incognito persone che parlano la mia stessa lingua. Quel sottile piacere però svanì come neve al sole bruciato dal veloce scambio di battute dei nostri compaesani.

"Senti, quando avrete il consiglio di amministrazione ?
"La prossima settimana. Ma il vecchio non ci sarà"
"Quindi ?"
"Quindi non so. Questi qua degli Phoenix sono comunque un diversivo. Gli dislochiamo un po' di azioni varie. Che ne so, tipo i nuovi acquisti come quelli della "Delta edizioni". Loro si illudono di entrare nel mercato italiano e per un po' li teniamo buoni."
"Così ci liberiamo pure dei vari buchi neri."
"Si lo sai ,tutta quella parte di bad company che abbiamo dovuto creare... per i motivi che già sapete "
"Bene. Cosi gli facciamo il pacco e gli vendiamo tutto"
"Più o meno."

Non osavo guardare in faccia il mio capo; la "Delta edizioni" eravamo noi ed eravamo anche parte della bad company che sarebbe stata svenduta proprio alla Phoenix. In questo contesto la trattativa non aveva più senso. Con loro, sullo stesso tavolo, la nostra azienda non esisteva e non avremo potuto fare niente per sostenere quel bluff. Il senso di quel viaggio finì in quel momento in ascensore ad un passo dal paradiso degli imprenditori. Quando raggiungemmo il piano le porte automatiche si aprirono e loro uscirono, ma Valdo mi fece un cenno di rimanere. Continuammo sino al centesimo piano per raggiungere un ristorante che aveva una terrazza esterna vista oceano. Ordinai al bar una acqua tonica e mi sedetti sulla sdraia ammirando quel incredibile paesaggio metropolitano che iniziava ad illuminarsi proprio in quel momento. Valdo si allontanò senza dire nulla. La nostra avventura editoriale era finita. Io invece mi lasciai ipnotizzare da quelle luci e da quel rumore d'aria ovattata che nascondeva la frenesia di quella isterica metropoli sottostante. Aprii il mio Mac guardai le ultime risposte al post del forum di "Rosso Venexiano". Scrissi un sintetico messaggio ai miei 3 amici scrittori e a mia moglie Fespea, "Io inizio" ero sicuro che loro avrebbero capito. Poi aprii l'editor e le dita scivolarono veloci sulla tastiera digitando "Luce. Così silenziosamente l'albeggiare attraversò la veneziana. Le righe ambrate di pulviscolo lentamente si spostavano nello spazio, raggiungendo il letto dove l’extraterrestre Victor dormiva."

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