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Il "misoponista"

Il termine che avete appena letto non è attestato in alcun vocabolario dell'uso, lo proponiamo ai lessicografi perché lo prendano in considerazione in quanto è atto a indicare colui (o colei) che avverte una forte avversione al lavoro. Il "misoponista", insomma, si può considerare un neologismo lessicale sinonimo di assenteista. Il vocabolo si può far derivare da "misoponía", lemma non registrato nei comuni vocabolari ma "rintracciabile" in questo sito (https://books.google.it/books?id=LalWAAAAcAAJ&pg=PA280&dq=%22misoponia%22&hl=it&sa=X&ei=lXcIVcTgA4HfUJWegfAK&ved=0CCUQ6AEwAQ#v=onepage&q=%22misoponia%22&f=false).
***
Gli appassionati di lingua sanno benissimo che ogni lingua è in perpetua formazione. Ogni secolo della nostra cultura e della nostra storia ha, infatti, lasciato un segno indelebile nel lessico, e gli studiosi di linguistica, per la precisione gli “scienziati” che si interessano della grammatica storica, sono in grado di stabilire – con la massima certezza – in quale periodo storico e alcune volte anche in quale anno e per quale occasione si è cominciato ad adoperare un determinato vocabolo relegando nella “soffitta della lingua”, nel contempo, le parole ritenute “superate dai tempi” e bollate, quindi, come arcaiche o desuete. Un esempio per tutti: la tolda.
Questa è, anzi era, il ponte superiore scoperto delle navi a vela; non ha senso, quindi, adoperare questo termine nell’èra dei sottomarini. Nell’epoca in cui viviamo, dunque, il progresso ha dato la stura alla creazione di nuovi vocaboli, e tutti i giorni possiamo assistere alla nascita – a noi piace dire “genesi” – di qualche nome nuovo (i cosí detti neologismi). Anche in questo caso un esempio per tutti: la televisione (ormai, però, il termine ha perso l’appellativo di neologismo). A questo proposito riteniamo molto interessanti i sostantivi coniati con i prefissi “stra-” e “super-”, per esempio; oppure con il suffisso “-issimo”, quest’ultimo, però, secondo le norme grammaticali, piú “adatto” per la formazione del superlativo assoluto degli aggettivi. Una corazzata enorme, quindi, è una “supercorazzata”; un cannone di grosso calibro diventa un “cannonissimo” o un “supercannone”. La vita semplice dei paesi è chiamata “strapaese”; mentre quella tumultuosa delle grandi città diviene “stracittà”. Gli amanti, meglio “amatori”, del teatro conoscono benissimo la “poltronissima”, che non è altro che una poltrona piú vicina al palcoscenico e ha un prezzo piú elevato delle altre comuni poltrone. Ma vediamo ancora. Per indicare il fiocco tessile ricavato dalla ginestra è stato inventato il “ginfiocco”; e per denominare la lana sintetica derivata dalla caseina è stato coniato il “lanital”. L’ultimo conflitto mondiale ha regalato alla nostra lingua il termine “picchiatelli” per designare gli aviatori che bombardano gli obiettivi nemici “in picchiata” (in gergo aviatorio la “picchiata” è la discesa molto veloce di un aereo secondo una traiettoria piú o meno perpendicolare al suolo, ndr). Occorre ricordare, però, per amore della “verità linguistica”, che “picchiatello” già esisteva nel nostro idioma ed aveva (ed ha) un’accezione diversa: pazzerello. Sempre dall’ultimo conflitto mondiale ci viene la “quinta colonna”, termini con i quali si indicano i fautori di una nazione in guerra i quali vivono ed operano a favore di questa nel territorio nemico. È interessante vedere la “genesi” storica (oltre che linguistica) di quest’ultima espressione. Diciamo subito che la locuzione è di matrice iberica. Durante la guerra civile di Spagna quattro colonne del generalissimo Franco mossero all’assalto; con molta probabilità l’azione bellica non sarebbe riuscita senza l’apporto, efficacissimo, dei sostenitori del caudillo, restati nelle città occupate dai “rossi”. Questi amici di Franco formavano, per tanto, un’altra colonna, chiamata “quinta” per distinguerla dalle altre quattro che davano l’assalto. L’espressione piacque moltissimo e trovò la sua “fortuna linguistica” tanto che restò (e resta) a indicare l’insieme dei sostenitori di un esercito anche quando quest’ultimo è composto di piú di quattro colonne. Potremmo continuare ancora, ma crediamo che questi pochi esempi siano sufficienti a mettere in evidenza la “perpetua” formazione di una lingua ma anche, e forse soprattutto, la sua evoluzione.

Fausto Raso
 
 

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