Scritto da © Winston - Mer, 25/03/2015 - 14:02
“...La libertà non è un'invenzione giuridica né un tesoro filosofico, proprietà esclusiva di civiltà più valide di altre, perché sole capaci di produrla e preservarla. Essa risulta da una relazione oggettiva tra l'individuo e lo spazio che occupa, tra il consumatore e le risorse di cui dispone. E non è del tutto sicuro che questo compensi quello, e che una società ricca, ma troppo densa, non si avveleni di questa densità, come quei parassiti della farina che arrivano a sterminarsi a distanza con le loro stesse tossine, molto prima che la materia nutritiva venga meno.
Occorre molta ingenuità o malafede per pensare che gli uomini scelgano le loro credenze indipendentemente dalla loro condizione. Lungi dal pensare che i sistemi politici determinino le forme di esistenza sociale, sono queste che danno un senso alle ideologie che le esprimono: quei segni costituiscono un linguaggio solo in presenza degli oggetti ai quali si riferiscono. A questo punto, il malinteso tra l'Occidente e l'Oriente è soprattutto semantico: le formule che noi vi smerciamo implicano significati che lì non esistono o sono diversi. Per contro, se fosse possibile mutare la situazione, importerebbe poco alle sue vittime che questo cambiamento fosse apportato da un sistema a nostro giudizio insopportabile. Essi non sentirebbero di diventare schiavi, ma liberi al contrario, accettando il lavoro forzato, l'alimentazione razionata e il pensiero comandato, poiché tutto ciò sarebbe per loro il mezzo storico di ottenere lavoro, nutrimento e vita intellettuale.
L'aspetto negativo di questi sistemi di vita scomparirebbe davanti allo spettacolo di una realtà fino ad allora da noi rifiutata in nome della sua apparenza.”...
N.B. Lo scriveva un viaggiatore stanco della metafisica imparata ed insegnata nelle università; un nuovo profeta etnologo e linguistico appartenente all'epoca contemporanea, in uno dei suoi primi libri, ora purtroppo morto: Claude Lévy-Strauss. (Tristi Tropici-Cap. 16 Mercati)
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