Scritto da © voceperduta - Ven, 30/05/2014 - 13:03
In fin dei conti, una fragile alchimia
di parole.
Sequenziata cogli anni attraverso matracci*
di forme concrete.
Studente da laboratorio, mi dicevi, perché
diluivo ansie e risate come un giocatore di
black-jack che conta sulle dita la sua carta
più alta.
Ce ne fossero stati, tra me e te, di silenzi
bellicosi che tracimano di abbracci e pugnalate;
avremmo potuto erotizzare la parola “amore”,
senza postarla nel mezzo di un'arringa da civili
risparmiatori.
Abbiamo scartato ogni ode, per riempirci di altre parole,
sillabate con la rapida verbosità di chi resta piegato in
due sulla lavagna, a mescolare parametri che offrano
un sconto al batticuore incapace di salpare.
*matraccio= contenitore tarato da laboratorio.
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