Scritto da © ferdigiordano - Gio, 17/04/2014 - 19:34
Pare fatto apposta il colonnato:
una coscienza a volte. Avvolta nelle attese
Piazza Ferrovia, al centro, a che serve?
Da qui molti partono ma... tu verrai?
Da sud, come un annuvolamento basso e lento,
case, costole in muratura, il Sacro Cuore, la chiesa,
un labirinto salato. Molto precede i monti,
direi: sono circondati e persi.
Due donne ridono saltuariamente.
Impiegano un secondo tra alzare il piede
ed atterrare. Sono aeree a reazione:
tu le vedrai?
Non mi vedrai; andiamo nella stessa direzione
con un bagaglio di luoghi decisivi. Li perdiamo
ma essi ci ritrovano completamente vecchi.
Questi riconoscimenti sono carnefici, consumano
metri del resto. L’umidità è evidente. Per i non utenti,
il freddo a seguito è immorale. Dà l’impressione dell'agguato.
Nella sua camicia di cemento, la colonna
non ha niente da perdere e mostra un carattere di ferro.
Osservando l’arco, una volta curva le braccia
tanto da attenderle. Questo arco regge
i manufatti della terra; quelli del cielo scendono
per provarli, oppure: se davvero lassù
qualcuno mi ama perchè non mi solleva?
Dev’essere ad un punto morto, mi dico.
Riderei se tu fossi una freccia, riderei a memoria.
Attenuerebbe la tensione del mento.
Non dico bugie, rilascio anche i pensieri; cadono
a piombo. Ossia: tutto l'invisibile appare talvolta
più concreto nel nero; oggi è solo grigio
e in questo modo tollero un peso opprimente.
Basta inventarsi qualcosa e parte un treno;
sento la pietra vibrare. La sento interdetta. Penso
vorrebbe il suo aspetto di roccia o di vetta.
Forse un treno non basta per tornare indietro,
questo è ciò che avanza del rovescio che mi prende.
In genere, non temo la pioggia, ma vedo la gente
che prova imbarazzo se assiste all’intimità
sotto gli ombrelli aperti. Tutti girano il viso; si sottraggono
all’evidenza. Dovrebbero fidarsi del loro sguardo,
ma sono legati ad una gravità interna che assilla
più o meno alla velocità del suono (a questa latitudine,
così girano i mormorii sul petto della Terra ).
Per ciò ti indico il plesso che attraversi fra tanti monumenti.
Per ciò accetto la volubilità che a loro spetta.
Hanno propensione a incomporare
i ruderi e nudi mostrano l’incuria latente.
E’ chiaro comunque che le colonne non rendono
la prospettiva diversa: ad essere onesti,
ci tiene lontani la luce dei fatti. Il chiarore
apre il grigio e schioccano tende. E’ il vento da sud
e viene portando un’assenza. Aspetto
Pare fatto apposta il colonnato:
una coscienza a volte. Avvolta nelle attese
Piazza Ferrovia, al centro, a che serve?
Da qui molti partono ma... tu verrai?
Da sud, come un annuvolamento basso e lento,
case, costole in muratura, il Sacro Cuore, la chiesa,
un labirinto salato. Molto precede i monti,
direi: sono circondati e persi.
Due donne ridono saltuariamente.
Impiegano un secondo tra alzare il piede
ed atterrare. Sono aeree a reazione:
tu le vedrai?
Non mi vedrai; andiamo nella stessa direzione
con un bagaglio di luoghi decisivi. Li perdiamo
ma essi ci ritrovano completamente vecchi.
Questi riconoscimenti sono carnefici, consumano
metri del resto. L’umidità è evidente. Per i non utenti,
il freddo a seguito è immorale. Dà l’impressione dell'agguato.
Nella sua camicia di cemento, la colonna
non ha niente da perdere e mostra un carattere di ferro.
Osservando l’arco, una volta curva le braccia
tanto da attenderle. Questo arco regge
i manufatti della terra; quelli del cielo scendono
per provarli, oppure: se davvero lassù
qualcuno mi ama perchè non mi solleva?
Dev’essere ad un punto morto, mi dico.
Riderei se tu fossi una freccia, riderei a memoria.
Attenuerebbe la tensione del mento.
Non dico bugie, rilascio anche i pensieri; cadono
a piombo. Ossia: tutto l'invisibile appare talvolta
più concreto nel nero; oggi è solo grigio
e in questo modo tollero un peso opprimente.
Basta inventarsi qualcosa e parte un treno;
sento la pietra vibrare. La sento interdetta. Penso
vorrebbe il suo aspetto di roccia o di vetta.
Forse un treno non basta per tornare indietro,
questo è ciò che avanza del rovescio che mi prende.
In genere, non temo la pioggia, ma vedo la gente
che prova imbarazzo se assiste all’intimità
sotto gli ombrelli aperti. Tutti girano il viso; si sottraggono
all’evidenza. Dovrebbero fidarsi del loro sguardo,
ma sono legati ad una gravità interna che assilla
più o meno alla velocità del suono (a questa latitudine,
così girano i mormorii sul petto della Terra ).
Per ciò ti indico il plesso che attraversi fra tanti monumenti.
Per ciò accetto la volubilità che a loro spetta.
Hanno propensione a incomporare
i ruderi e nudi mostrano l’incuria latente.
E’ chiaro comunque che le colonne non rendono
la prospettiva diversa: ad essere onesti,
ci tiene lontani la luce dei fatti. Il chiarore
apre il grigio e schioccano tende. E’ il vento da sud
e viene portando un’assenza. Aspetto
nel nome di tutti i treni una partenza in testa.
»
- Blog di ferdigiordano
- 725 letture