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Il Centurione

Percorse con lo sguardo Gerusalemme e sospirò. Erano in momenti come questi che rimpiangeva il suo paese lontano, e non solo. Avrebbe preferito una battaglia, il corpo a corpo, l'azione, invece era sulla sommità del Golgota per controllare che tutto si svolgesse senza problemi.  Alle sue spalle i tre pali delle esecuzioni del giorno erano già stati eretti. Chinò lo sguardo sulla processione che saliva lentamente, gli elmi dei suoi uomini luccicavano in mezzo alla folla radunata lungo il percorso. Si tolse l'elmo per asciugare il sudore: non era solo il caldo ma la preoccupazione di qualche tentativo di rivolta. Pensò alla sera prima quando lo avevano chiamato  perché c'erano  movimenti insoliti nel cortile del tempio. Dalle mura aveva vegliato tutta la notte  fino a quando, di primo mattino, un cospicuo drappello era uscito dalla Porta Probatica diretto alla fortezza; dagli abiti aveva riconosciuto il Sommo Sacerdote e gran parte del Sinedrio, seguivano le guardie della polizia del Tempio con un uomo.  Inviò messaggeri nelle stanze del prefetto e scese di corsa nel cortile dando ordini via, via ai suoi uomini.  Pilato lo volle accanto quando uscì dalla fortezza incontro alle autorità del luogo : consegnarono loro l'uomo perché venisse messo a morte. Mentre conduceva il condannato all'interno del cortile sentiva alle spalle Pilato discutere animatamente con Caifa. L'uomo non aveva l'aspetto di un delinquente, e il nome che aveva sentito -Gesù- gli ricordava la storia raccontata da un altro centurione riguardo un suo servo guarito. Ci fu poi un andivieni di Pilato, interrogava l'uomo, poi usciva, poi rientrava, nuovo scambio di frasi, un'altra uscita.  Era palese il suo disappunto, camminava con la foga della rabbia a stento trattenuta. L'uomo era lì, in piedi, non s'era mosso, rispondeva alle domande guardando il prefetto fisso negli occhi, e questo pareva alimentare ancora di più l'imbarazzo di Pilato. All'ennesimo rientro Pilato apparve sollevato e ordinò che l'uomo venisse restituito all'assemblea per essere condotto da Erode. Pareva che la faccenda si fosse risolta, quando arrivò la notizia che si stava raccogliendo una folla davanti alla fortezza; l'esperienza gli suggerì  che non era  qualcosa da sottovalutare, richiamò gli uomini allertandoli.  Si ripresentò l'intero Sinedrio con l'uomo abbigliato, questa volta, con una veste solenne,  e, nonostante fosse stato giudicato innocente da Erode, con la rinnovata richiesta di condanna a morte.   Pilato cercò di raggiungere un accordo,  propose alla folla la liberazione di un condannato, com'era d'uso nel periodo pasquale, mettendo in contrapposizione, come scelta, quello che riteneva peggiore: Barabba. Con grande sorpresa fu il nome di quest'ultimo che venne inneggiato. Pilato  chiese un catino e si lavò le mani dalla responsabilità della morte di un innocente, poi ordinò la flagellazione, con la speranza di muoverli a compassione, ma anche alla vista di Gesù sanguinante la folla continuava a chiederne la crocifissione.  Così fu deciso, ed ora lo vedeva raggiungere il luogo della sentenza, salendo appoggiato  ad un altro uomo che reggeva il palo.  Il sole era alto nel cielo quando i tre condannati vennero distesi e inchiodate le mani sui legni. Lui guardava la folla intorno cercando di distogliere il pensiero dall'opera che si stava facendo, sentiva le urla, il brusio della folla e il sudore  gli colava sul collo; si voltò appena mentre issavano i pali con le corde, un brivido al pensiero della dolorosa tensione delle spalle, poi ancora il battito dei martelli che fissavano i piedi.  Il cielo si riempì di nubi scure, il buio penetrò gli occhi e fu un fuggi fuggi generale. Erano rimasti pochi ad attendere, un gruppo di donne, più lontano, si lamentava sommessamente .  Il tempo senza sole e ombre che ne rivelavano il passaggio, pareva quasi sospeso. Guardò i suoi uomini che giocavano a dadi nei pressi delle croci, si rammentò delle loro ingiurie a Gesù, degli sputi e delle canne che gli battevano in capo, dell'ironia della corona di spine. Alzò lo sguardo sull'iscrizione del motivo della condanna, e poi sulla figura magra  e martoriata  che sembrava abbandonata, un malessere lo prese.  Ci fu uno scambio di frasi tra i tre appesi, poi il silenzio, solo il lamento del gruppo e qualche risata sguaiata dei soldati presi dal gioco. Gesù d'un tratto urlò qualcosa a gran voce, uno dei soldati gli porse con una canna una spugna intirsa d'aceto, ma  urlò nuovamente e il capo cadde sul petto.  La terra prese a tremare, un suono cupo, le donne si lamentarono a gran voce. Il centurione cadde in ginocchio: - Veramente quest'uomo era Figlio di Dio ! -

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