Scritto da © Marco valdo - Dom, 02/02/2014 - 11:56
Ma lassù, distante, difforme, che serviva alzare gli occhi al cielo, stava; primitivo al verbo, colmo di senso, per via dello spessore, delle lamine degli sguardi, patine del tempo.
Era altro, è l'altro sarebbe stato altro ancora, per interposta entità, virtuale;
Quel racimolare briciole al termine del pasto, spiluccarle durante la chiacchiera, cercava nel mucchietto, l'intuizione somigliava all'estro, un breve lampo negli occhi, veloce per la pochezza dell'atto, per piccola che fosse la particola, veniva sminuzzata dandogli il corretto senso, una smorfia delle labbra, due, quattro parti, un contatto alternato con il presente, faceva filosofia, per via delle briciole del sapere, il mosaico formava il pane di casa, un gusto particolare, a suo modo unico.
Racimolava con gli occhi e con le dita, la carne e il pane, il suono seguiva da solo il labirinto, da solo sceglieva la destinazione, non erano molte le combinazioni della voce, salendo dal basso e nel basso rimanendo, rimandava il gioco nel campo avversario, con l'ozio delle tre dita a forchetta, che rovistavano il banchetto, faceva sesso, c'era sempre un corpo che si immaginava steso, che credeva di essere il centro d'interesse di quei gesti languidi, le parole allora facevano sponda, circolavano per le intenzioni mascherandosi di un trucco lieve e sempre come suoni cadevano nel labirinto, sarebbe in seguito accaduto qualcosa, la vita ha bisogno di conseguenze, ma non ora, che il poco del silenzio era il perno, il giro della chiacchiera lo subiva, piccolo scarto ellittico, di spazio, di tempo.
Ciascuno vuole portare a letto qualcosa da giocare, non sarà il sapere come qualcuno si addormenta a svelare gli altarini, forse il primo sguardo del mattino, l'ultimo della notte.
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