Scritto da © Marco valdo - Mer, 08/01/2014 - 15:46
Aveva nei suoi ricordi un sottoposto giapponese, uno di quelli che si strusciano sulle gonnelline blu nel pendolarismo affollato, l'amore con lui era tutto di ginocchi, di lingua e suoni sordìti nel medio periodo, lo giocava come i gatti, gli faceva allargare le fessure degli occhi, lo accarezzava sotto al ventre come fosse una donna e gli spingeva la faccia sul petto, lui biascicava una specie di amore, la lingua rettile, saliva, circolava, nella perversione delle impressioni trovate di scatto, riquadri animati dalla memoria, gli lasciava un instante di fiato prima di immergerlo nell'apnea del suo orgasmo, la testa addomesticata dal collare delle dita.
Uno sproposito di urlo soffocato, annunciava il sacrificio della dignità, di una guerra persa, di una religione senza più un dio, l'ultimo lampo per far esplodere l'arsenale nemico, che lo colpiva dritto in faccia al termine della picchiata; ma era finzione, si ripeteva un nuovo ciac nell'inganno di un secondo punto di vista, la lacca rossa delle unghie sul ventre pallido, molle dell'agio della decadenza, frutti sulla neve, ne cola il succo in rivoli, dignitosa morte, ultimo della specie, piegato sull'altare, due rastrelli nuovi di ferramenta, solchi digeriti dall'ispirazione vibrata, il cespuglio dei capelli irti, la fonte del liquido, il campo sterile.
Gli parla delle proprietà del giunco, vicino al perno della sua bocca impastata, il brunito della sua carne è stato sole al pascolo, sarà carne per cena, all'uscita del teatro, sibila e sibila, versi scomposti, affogati, pantomima di gesti limitati dal giogo, poco sangue nelle gote, la cessione del dolore, dispersione di energia, un vento elettrico e ancora struscia in mezzo alle gambe magre l'estremità che umilia quella intenzione di virilità, il martirio della colpa innocente, di un destino molle e cedevole, finalmente esaustivo di morbidi giacigli e sonno.
Il ritorno lo stringerà contro dei seni inerti, struscerà il blu delle gonnelline, a ricordargli una onorevole capitolazione e un eroico suicidio, peccato di superbia antica corroso dal tempo, il solo in grado di concedergli il ritorno.
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