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Abbiamo aperto rocce

 
La Y non è più incognita.
Meglio: ha superato il contagio
dell’intimità quotidiana: l’equa azione
                  svolta nel pube dal verbo
delle gambe. Alla lettera un orologio soddisfa la calma.
Non parlo di lancette non dirò del minuto.
Mi riferisco al fuoco più misterioso.
                  Si avventa da un raggio senza bussola,
                  ma spiega il desiderio di chiarezza
per altre vedute. Urla
la sua ipocondria in modo inaudito
alla luce: sono malato! Malato
di mura chiuse
                   e anche se viene
un ragazzo, un ragazzo dolce, tuo figlio
con l'apparecchio dentale, parla con un curioso
                    accento di padre.
Il raggio offre il dato dei volumi e attesta
che i vertici sopravvivono proprio nel punto
in cui il panorama scaglia la strada
per andare, ma non vado perché sono malato.
Malato di assenza. Dirò cosa manca però non adesso
che c’è.
                    Lui, il raggio, prova il discorso
                    sull’inefficienza
                    degli spigoli vs. le curve
- come dicevamo nel momento di una controversia più acuta.
                     Tutto gli riesce senza sforzo: chiarezza
lucidità distinzione e nessuna assistenza.
Ha tanta grazia e null’altro
sembra contare più di questo budello di corpo
miniera generosa di ritrovamenti. 
                      La Y.
Il pube secolare in questo secondo.
                      Da una foto emerge il discorso del luogo ripreso.
                      Con sufficiente sfrondatezza
una goccia apre la valle tra due persone. Potrebbe essere
sudore perché altre montagne su di te non ne vedo.
Né con il gomito spinto in fuori né verso nord dove
le ciglia alzano dal seno la coincidenza della fronte.
Nei paraggi è distesa e lungimirante una investitura
di prato per campanule sorde.
                       Inizia la congettura verticale del giorno
                       in uno sterminato orizzonte.
 

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