Scritto da © Antonio Cristof... - Dom, 17/02/2013 - 18:03
Nel Gennaio del 399 a.C. fu presentata pubblicamente contro Socrate che allora aveva 70 anni, l’accusa di mancato ossequio alla religione e di corruzione della gioventù. Pena, la morte.
Oggi, nel febbraio del 2013 il prof Antonio Cristoforo Rendola, che mi onoro di avere come amico, mi ha pregato a me di parlare di quell’avvenimento. -Don Savè – mi ha detto – Voi che facevate il bidello al Liceo Umberto e di Socrate ne avete sicuramente sentito parlare…- -Voci di corridoio…- ho risposto io. Qualcosa tra’ na ramazzata e l’altra. In un primo momento avevo capito che il prof .mi avesse detto:-Parlami di i soreta[1]-, ma poi ho capito.Va buò, non fosse che per fare un favore a don Antonio , quattro frasi su ‘sto filosofo penso di poterle mettere insieme.
Socrate era nato ad Atene nel 469 a.C. . Lui diceva ‘na cosa che, secondo me, è giusta assai. Diceva: -Conosci te stesso.- Mò, per conoscere noi stessi, ci dobbiamo guardare bene dentro e capire primma ‘e tutto quello che siamo e non siamo in grado di fare. Secondo Socrate, per conoscere noi stessi, dobbiamo pure cercare di conoscere le cose che ci circondano. Lui diceva ai suoi giovani discepoli: -Guagliù, se conosciamo il bene, capiamo che è una cosa buona e la facciamo. Viceversa, se conosciamo il male, capiamo che è una cosa cattiva e non la facciamo. E’ chiaro?-Insomma, Socrate insegnava alla gente a capire! Però…ma…però che la gente capisse, ai politicanti di allora, e pure a quelli di mò, la cosa non stava bene perché Socrate educava al dubbio ed alla critica i giovani che si rendevano conto di non sapere un cas…sino! -Ma poi, che devono sapere?- si chiedevano i politici di allora.- Questi meno sanno e meglio è!- Allora pensarono che la cosa migliore da fare era togliere s Socrate di mezzo. Ci voleva, però, un pretesto.
-Come facciamo?- si dissero.- Forse è disonesto?- fece un politico.
– Purtroppo no, è onestissimo…- rispose un altro.
-Becchiamolo sulle tasse…-
- Macchè! Paga perfino l’abbonamento alla tv…-
- Le leggi?-
-Meticoloso osservante…-
-Azz guagliù, questo è inattaccabile. Pare nu Berluscone all’incontrario.-
-Come facciamo? Questo è tutto casa e chiesa.-
La chiesa, ecco! Voi mò vi ad domanderete che ci azzecca la chiesa? Questa di oggi, no. Questa tiene altri problemi. Ma quella di allora si! Perbacco se ci azzeccava! Quello Socrate, vuoi perché teneva da fare a insegnare ai giovani, vuoi perché la moglie Santippe ‘o teneva sotto ‘o pacchero[2] facendogli fare pure i servizi in casa, vuoi perché quando teneva un poco di tempo libero se ne andava a meditare, in realtà non si recava mai in nessun tempio. Né in quello di Zeus, né in quello di Athena. Insomma non lo si vedeva mai: né la domenica, né il sabato, né in nessun altro giorno della settimana.
Così pensarono di accusarlo di non riconoscere i culti ufficiali, ma, addirittura di introdurre altri culti. I suoi più fetenti accusatori furono un certo don Meleto, un tale don Anito e nu tizio chiamato don Licone. Questi galantuomini si facevano passare per poeti, ma so sicuro e, nessuno me lo leva dalla capa, che erano uno strumento nelle mani dei politici di allora. E a proposito di capa, l’accusa comprendeva tre capi:
a – Mancata venerazione agli dei della patria;
b - Introduzione di nuovi culti;
c – Corruzione dei giovani.
Mò, torniamocene a noi, il processo accominciò verso la fine di febbraio che a quell’epoca si chiamava Antestorione. I giudici, pensate un poco, erano cinquecento (alla faccia del bicarbonato!). C’era un fottio[3] di pubblico che faceva un casino infernale, ma, quando si alzò Socrate per parlare, non si sentiva più volare una mosca. Socrate ere nu tipo tuosto, robusto, pappamolla solo con la moglie, ma co gli altri si faceva valere. Si guardò intorno, annuiva quando vedeva qualcuno che conosceva, poi si grattò in testa e disse:
-Neh, brava gente, qua si va dicendo che io insegno ai giovani ad astipare[4] denaro. Ma no è forse overo che oggi, con la crisi che c’è, senza denari non si cantano messe? E io, purtroppo le messe le canto senza denari perché quando insegno qualcosa ai giovani non mi piglio pagato e, naturalmente, non ri lascio ricevuta fiscale. ‘A verità? ‘A verità è che io ho suscitato milla gelosie perché mi ritengono sapiente. Ma sapete ‘na cosa? Io nun sacce niente! Ma almeno lo so di non sapere niente. Oggi i politici pare che sanno tutto…e che cazz!.
Quindi io sarei reo di corrompere i giovani? Ma che cosa fa migliore i giovani per dindirindina? Voi dito le leggi? Si le leggi! Voi dita gli uomini? Si gli uomini. Voi diti tutti? Si tutti! E allora, per la marina sfravecata![5] Possibile che ‘sti giovini tutti li fanno migliori meno io? Io li guasto? Li corrompo? Ma corrompere significa fare del male. Mò, dicitemi una cosa gente: Ci sta qua dentro un sol o giovane al quale ho fatto male? Se ci sta, che aizzasse ‘a mano!-
Comunque tutto sto discorso fu inutile e il vecchierello fu condannato a bere l’infuso velenoso di cicuta. Oddio si può dire che Socrate ad Atene teneva un sacco di amici e comparielli e che, se solo avesse voluto, se ne sarebba potuto scappare all’estero, ma da uomo d’onore quale era,volle osservare fino all’ultimo la legge del suo paese e si bevette bel bello e tranquillamente il veleno. Sapete ‘na cosa? Mi viene da ridere pensando a tanti imbroglioni che ci sono oggi che le leggi le infrangono continuamente. Altro che cicuta! Questi a malapena si magnano la cicoria.
A don Antonio ‘o professore.
Vostro affezionatissimo
Don Saverio Palluotto (poeta maleduotto….ops maledetto)
»
- Blog di Antonio Cristoforo Rendola
- 1372 letture