Quando mi trovò seduta
nel buio di casa, quasi monotono ormai
attaccata a Schubert, con un filo di respiro
si avvicinò lento, a passo di nota
sul monte delle mie ciglia, per non disturbare
gli occhi chiusi, e da un ruga
che si arrampicava
sulla fronte e muoveva
l’espressione di un pianto vuoto
capì tutto il disagio, l’inquietudine
di dover essere sempre assente.
Sentì l’aria, che si faceva rigida
pesante, schiacciava
i nostri corpi
allora
vicini più che mai
stretti
in quell’invito a morire
che non mi si staccava di dosso
e sembravo uno spettro
con la lingua gonfia
su uno sfondo muto.
Sopra di noi, la serenata.
Non devi avere paura
avrei voluto dire
ci convivo da anni
basta ascoltare
ma non chiedermi più
perchè non accendo la luce
quando il sole cade a pezzi.
Sto solo cercando l’abisso
dove vive l’eterno
per sparirci dentro
e dimenticarmi per sempre.
Mi scosse dalle spalle
fino ai piedi, come avesse udito
e schizzò fuori qualcosa
dalla bocca, che si spalancò
a raschiarare il ghiaccio
che saliva fitto, di punta
lacerando la pelle.
Quando aprii gli occhi, nello specchio
del suo sguardo, o in un riflesso, ero bella
- spettro -
così com’ero.
Poi mi asciugò le labbra
come se mi avesse appena dato da bere
e mi portò calda, dentro al suo letto.
- Blog di Scintilla Elis
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