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Virtuosismi sulle note di: Rhum e coca di Pino Daniele

Foto di Maria Grazia Vullo
                                    BALLA ANITA 

 

Il marciapiede lucido in cui si specchiavano i lampioni pigri della notte, sembrava un mare scuro e calmo, le ricordava quando ci passeggiava da bambina la notte, tanto non la cercava nessuno, perchè nessuno era interessato ad una bimbetta magra ma aveva solo cinque anni.

Le macchine sembravano distratte, non si lavorava questa notte.

L'aria calda del vento estivo, le spiagge di sabbia finissima e una bimba dodicenne dalle movenze troppo femminili per la sue età...troppo bella..l'adocchiò il padron, adocchiò il suo morbido volto bruno.

Ballava Anita, ballava lungo la spiaggia in mezzo alle baracche di cartone, ballava e il suo corpo fremeva dietro alla sua musica interiore. Il sole, il sole caldo sembrava inturgidire i suoi seni e un liquido interiore la scaldava e lei ballava. Troppo bella per la sua età, troppo sinuoso il suo corpo.

Ancora sentiva sotto i suoi piedi il calore di quella sabbia. Sembrava addolcire il peso di quei tacchi così fini. Era difficile ballare con quelle catene ai piedi ma Anita voleva offrire al vento quel suo ballo, che l'aveva condannata lì in quella notte di attese.

Ballare come un veleno, ballare e godere nel veder gli altri godere del suo corpo mozzafiato. Ballare tenendo gli occhi chiusi e fingendo di non sentire il puzzo di rhum che ha invaso la stanza. Solo lei, solo lei così minuta ma con quelle movenze, solo lei e si sentiva regina, regina di tutte quelle mani postulanti e vogliose.

La prima volta un dolore lacerante represso da rhum e lingue sguscianti e una nausea, una nausea feroce ma non poteva tornare indietro gli occhi felici di sua madre, il vestito nuovo per sua sorella e i sigari per suo padre.

Poi la vita ci pettina e ci doma e Anita imparò a ballare anche su quei letti sudici del retro saloon, era il pezzo più costoso, la minorenne e tanti famelici padri la guardavano indurendo la spada, senza vergogna e senza timore di quel Dio, paravento inutile di una morale inesistente. Il culo di Anita val bene una croce e una scomunica e il verme striscia e penetra tra quelle piume di povero pappagallino cubano.

Non amava camminare Anita, così seguendo il ritmo che le scorreva insieme al sangue lungo le vene, attendeva in quella notte senza tempo, spezzando i sogni infranti su quel marciapiede lucido, dove pigri si specchiavano i lampioni della notte, il prossimo sognatore di sensi.

 

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