Scritto da © Bruno Amore - Mer, 03/02/2010 - 18:33
Il Caporale Jon mastica in continuazione chewingum impeccabile nella sua uniforme estiva dell'esercito USA: camicia e pantaloni lindi. stirati a vapore, con delle pieghe talmente evidenti da sembrare la divisione del mondo e scarpe nero brillante. Appoggiato allo spigolo della porta, con aria indifferente, da atleta a riposo, si guarda le unghie delle mani, cercando qualche imperfezione. Introduce e accompagna alla porta i prigionieri che vengono escussi nell'ufficio del Comandante. Un tipo dall'aria efficiente seppur con quel vizio maniacale della cura delle unghie. Era un posto di responsabilità, eppure lui appariva quasi superfluo. Come sogliono fare gli americani, in fondo al corridoio, prima della serie di porte per gli uffici, era posto uno specchio, perché gli ospiti si acconciassero a dovere prima di presentarsi, non per vanità ma, perfezionisticamente quasi a testimoniare che la forma è sostanza e Jon, se possibile, l'ha consumato fino alla più sottile lamina riflettente. Bello, fisicamente, come deve essere bello un vincitore, Jon, sebbene non avesse sparato un colpo di fucile, era tra i vincitori della guerra.
S'accende la luce rossa sulla porta dell'Ufficio Interrogatori, Jon apre la porta e due MP escono con in mezzo un soldato in grigioverde.
Il Caporale Hans, viso scarno bianco sotto la barba rossiccia di giorni. Occhi azzurri, tristi, appena socchiusi e la bocca serrata come fosse un taglio di rasoio. L'uniforme è sgualcita però pulita, ordinata, date le circostanze ma, alla vista dimessa, precaria, le scarpe opache, senza lacci. Muove dritto nel corpo e dritto guarda dinanzi a se, tanto da apparire alto eppure il passo è stanco. Ha le mani basse per via delle manette e della catenella che le congiunge a cavigliere metalliche ma, sembrano non esserci, quasi non si notano tanto spicca la figura di Hans. Drammaticamente lugubremente bello come le tante aquile imperiali, in bronzo marmo ferro che ornavano i pubblici edifici del Reich ormai abbattute, che in quella divisa evocava. Forse, le catene che aveva ai polsi e alle caviglie, testimoniavano della sua pericolosità o forse era prassi, solamente ma, infiacchivano la sua postura, nonostante gli sforzi di apparire dignitoso. Giunti davanti allo specchio, lì vicino alla porta, Hans ha un motto, quasi si ferma. Si specchia con espressione incredula quasi non si riconoscesse e incrocia lo sguardo di Jon, che lo sta fissando puntando al suo petto, lato sinistro, dove ancora sono cuciti numerosi nastrini delle decorazioni guadagnate in battaglia, quelle anche perdute, come la guerra.
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