Scritto da © Maria34 - Mar, 26/01/2010 - 10:54
Stefano Franco del mio corso si è calato nei panni del Clochard:
Quasi la felicità.
Ho gli occhi chiusi e non oso aprirli, probabilmente fuori di me nevica.
Non sento nessun rumore, fuori tutto è silenzio, dev'essere notte fonda.
Non ho più freddo, anzi un buon tepore sembra abbia preso possesso dell'interno del mio guscio di cartone, con tutto il suo contenuto; ma non devo muovermi perchè ogni spazio intorno a me è gelido.
La fortuna è dalla mia parte, anche la mia posizione sulla panchina è perfetta. Sono sdraiato così bene che non ho nessun osso, né giuntura, né muscolo che dolga.
Mi sembra di essere una polenta versata ancora un po' liquida dal paiolo, che mollemente si è allargata conquistando quanto più spazio ha potuto intorno a sé.
Anche per questo devo stare fermo, una benchè minima modifica della posizione potrebbe essere dannosa; sò ben'io quanta fatica ed esperienza ci vuole per raggiungere questo equilibrio.
Stà andando tutto così bene che non sento nemmeno le lamentele dello scheletro che di solito protesta per le spinte ricevute dalle dure assi della panchina, amplificate dalla innaturale posizione che forzatamente devo assumere mettendomi a letto.
Mi ricordo quando ragazzetto andavo al mare; la spiaggia tutta sassi; forse proprio lì appresi i primi rudimenti dell'arte di sdraiarsi su superfici, percosì dire, scomode. Però allora almeno non avevo freddo.
Cominciano a venirmi dei pensieri.
Per uno come me stà andando così bene, che se cambia non può che peggiorare.
Una vecchia canzone napoletana dice che sempre storta non può andare; ma neanche sempre dritta, aggiungo io.
E il cambiamento già lo prevedo; è l'arrivo del mattino, dei primi lavoratori che si recano in fabbrica per il turno delle sei. La pace allora finirà, l'incantesimo andrà in pezzi, la fredda e famelica realtà entrerà nel mio guscio di cartone.
Un'invocazione mi attraversa la mente: “Perchè notte, non duri per l'eternità”
Stefano Franco Sardi
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