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Il cacciatore, la preda - 4

1
La sagoma in fuga è la fuga stessa: Vita [vì-ta] s.f.
insieme di soste brevi, inefficaci. Rabberci funzionali.
Che rendono capaci di conservarsi, svilupparsi, riprodursi e
- nonostante - continuare la corsa.
 
Tutto questo non è chiaro al faggio, non è spiegabile.
Come è salvifico un rifugio!, pensa
la preda Persa. Anche solo pensarlo prossimo,
mentre il corpo è così vicino al suo ultimo confino.
E già il terreno detta la falcata con scarti laterali
alla corda della mira
e un rumore di ansia viene dagli sterpi con la stessa
altitudine dei salti.
 
Inseguire omette l’arrivo, che pure è norma
del cammino, limite della mappa, dice
il cacciatore Salvo, inseguire è quindi il vero muscolo
del divenire. E dovunque
scruta l’erba dirige l’arma. L’arma è una potenza disinibita
senza altro freno che un bersaglio e questa aggiunta
di arto devastante pone il mito nelle statue
con la stessa attitudine a sgretolarsi.
Ma l’erba, qui, precede i fossi
quasi accaduta. Le radici discendono sulla terra
come bocca primitiva e vivono
contenute, da palombari del minerale.  
 
Ho una mira precisa, sostiene il cacciatore, nell’aria
compare una morte per volta: una linea tratta
dal punto di vista, desunta in un colpo solo - non lo sa,
la preda, che la caccia è ludica, come ogni sopravvivenza
si affida all'ambiente di gioco.
 
2
Salvo ha visto le vanesse sfarfallare sui trifogli
con improvvisi occhi. La libertà ha un segreto
con molte chiavi - gli raccontava Lucido - ed una
si scopre con le ali, però in silenzio. C’è movimento
isolato, arbusti smossi, segni interrogativi
che lo concentrano. La passione assilla dai tendini
la macchina divina come ingranaggio di scena
per rappresentare l’inferno.   
 
Intanto, i cavalli sul falsopiano drizzano il lungo collo
fremono nervosi le frogi cavernose e scuotono il crine
alle mosche, attenti alla lentezza dei vermi sul fieno.
Il centopiede caracolla le centozampe: gli vanno di lato
continue ondate, ma i saltimpali, aviatori a sbalzo,
stanno a loro come ciclopi ossessivi.
 
Il bruco dentro, il saltimpalo sopra, il cavallo
in atto, purché esista un recinto - Salvo pensa - la libertà
è un mistero e un’altra chiave la possiede la preda appena
appena nel convoglio dei sensi. L’avrebbe detto
anche Lucido al quinto barbera ai lumi di cera.
 
3
Lucido avrebbe aggiunto: la libertà è un male
indispensabile che finisce in gloria.
 
La preda Persa è nel roveto la più cauta delle ombre.
Intenzionata a non muovere muscolo
appende il respiro alle spine. Le spine paiono
ingigantirsi all’odore del sangue che saggiano. Sudore
e sangue rapprendono in fretta. Nello sguardo
un fruscio ha dimensioni spaventose.
 
Atterrito, l’occhio coglie “movimento
isolato, arbusti smossi, segni interrogativi
che lo concentrano.”
Quindi, chiunque affronti l’argomento,
deve sapere che preda e cacciatore, Persa e Salvo,
hanno almeno un gesto in comune, qualsiasi
sia il pensiero di Lucido nato dal sesto bicchiere
di barbera.
 
 
4
Ora, se è vero – ed è vero – che l’ombra rimargina
le ferite, non accade quando il buco va da parte
a parte. Di simile in natura è solo la contemporaneità
della vita e della morte. Si verifica quando Salvo
colpisce Persa: a quel punto
impone il buco e l’artificio delle vene
salassa l’eccipiente. La vita attraversa la terra
e fra i due poli
passa la segretezza violata, il mistero
della libertà viene inscritto nel nulla
come fa fede la polvere tutta.
 
Lucido sostiene che "la libertà è un sacrario, un guazzabuglio
di paramenti," e che "qualsiasi cerimonia d’ossa
prevede nello stesso luogo il cacciatore e la preda,
la cesoia e lo stelo o, - sono parole sue, - agnello e vino
debitamente inutili."
 
Salvo, che è un lato del buco ancora chiuso, ascolta
e colloca movie on track il crac dei rami che evidenzia
la preda. Sembra la prima superstizione
pronta a colpire da uomo a uomo.
 
Persa, né statua né altare, nemmeno adepta, dall’altro versante del foro
ha una mora nel fianco che diventa melagrana:
ogni goccia, volta a cuneo scuro, scava la voragine
cui si oppone la fuga. Guarda al faggio e dubita:
un buco nel corpo ha un corpo per lato?
 
5
La gola, ora, presiede la ribellione: un suono acuto
unico e selvaggio scorrazza nella bocca
e fa digrignare i denti; il costato freme al bivio in cui
il sangue, il suo sangue più ricco, abbandona l’interno.
La preda sembra inconsapevole della
quantità persa, proprio in ragione del terrore
che governa la gola: l’istinto è, però, il vero
pigmento del rosso che cola.
 
Grazia, che serve il settimo barbera, muove
le gambe con passi larghi. Non lunghi o rapidi,
ma lateramente e in avanti: figura di
annuvolamento marziale. In realtà, il volume dei seni
contiene i denti che non la morsero, il siero vitale
mai estratto per diventare chiave del segreto:
libertà della corolla dei sensi oppure
libertà di non essere brezza passeggera
in luogo di vento portante.
 
Similmente, Libero aveva osservato l’inamovibilità
che consacra il marmo a feritoia nella storia, storia
di Grazia, succursale di gesto devoto.
Nelle sue venature è possibile
conglomerare il miracolo verginale in quanto additivo
a lunga durata: da potersi dire misterico;
ma in posizione bassa anche quello è solo un progetto
che il tempo ha cura di smettere.
 
 

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