Scritto da © Untel - Mar, 04/09/2012 - 12:17
Si era ricordato di quel ragazzo di San Pietroburgo
che era per metà inglese
perché portava le ghette sulle scarpe,
scarpe talmente lucide
da portare ovunque una macchia di luce sulle punte.
Si era ricordato di quel ragazzo vestito con un tulùp di pelle d’agnello
che faceva domande oziose per tener lontano il silenzio
e le inquisizioni sul suo conto.
Un russo di quelli con la faccia a forma di trapezio,
il mento schiacciato come se una lastra invisibile sorreggesse
quello sguardo da frenastenico;
da inglese malediva il vento degli aerei che volavano bassi
con le croci uncinate che si confondevano con quelle piantate nel terreno.
Si era ricordato che sapeva solo il suo nome
e di fronte a quella lapide
una come tante
mancava la data di morte.
Può darsi che il ragazzo di San Pietroburgo
per metà inglese con le ghette
schivasse anche la morte,
può darsi che anche a lei facesse domande oziose.
Eppure c’era qualcosa di singolare sulla quella pietra consumata
abrasa come una nave che inciampa nelle onde
ormeggiata alla sua ultima bitta.
Non era per la mancanza in cifre del destino,
qualcosa di più bizzarro e
mentre i lampi assediavano il cielo
rotolando come una palla d’acciaio sulla ceramica
notò la data di nascita:
quattordici aprile milleottocentoventitré.
Come poteva essere …
quando si sono incotrati,
il ragazzo di San Pietroburgo
per metà inglese
non aveva mica centotrentanni.
Sì, in effetti, si ricordò,
era un po’ pallido
ed ebbe timore di segnarsi davanti a quella lapide
prima di andarsene.
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