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Chi vede sente

 
 
Questo paese non compare dalle mappe.
E’ il dito del continente che lo indica
a pezzi. Nessuno teme la Nazione
dispersa. Dalla veduta aerea annoto solo
lo scheletro esibirsi.
 
Sta per uscire dal corpo
e vorrà coinvolgere i denti.
 
 
* * *
 
Forse dormire d’estate inietta
il sudore nei sogni. L’emostasi del
maestrale forma la costa nei capelli
e viene la sabbia a raccontarmi il telo.
 
Forse l’ombra ruota unta del tuo corpo,
stende l’olio e dirai qualcosa. Sta di fatto
che goccia a goccia, in mare compare
una strada percorsa da negri.
 
In ogni caso siamo completi
a volere apparire neri se il nero ci chiederà
quando verrà la neve per bene.
 
 
* * *
 
Il Sud ha i piedi roventi. Si vorrebbe alzare
la colonna montuosa. E scuote e scuote il dorso
picchia i muri. Li abbatte con un martello
provvisto di lenti cupe, è cieco.
 
Questo paese non si solleva se prima
non atterra. Il timore che le ossa restino
sotto la frana dell’euro o, morsa,
scarnificata dalla sua stessa bocca,
la stella della b’orsa minore
non sposti il Nord.
 
 
* * *
 
Sulla sensatezza della partenza avrei da dirti
ancora qualcosa. L’alba di ogni notte
è la sera, ossia: quando tramonta
il corpo si alza il mistero
come dovere.
 
E tu vieni, quasi attratta, da un perché
i fianchi stanno alti sulla terra
e scossi
ondulati a regime dagli occhi
dalla parvenza di femmina
aperta dalla pelle.
 
 
* * *
 
Quindi si vive lo stento. Portatevi
al legno traditi dal cemento. Che pensate
dei serpenti? Che cosa chiedete
dal marciapiede alla camera da letto?
Non ho conosciuto i miei nonni ma
oggi ne vedo a bizzeffe bruciare i profeti.
 
Questo dice dei tradimenti. Mio nonno
era un cacciatore di tonni. Uno dei due:
Cassio o Bruto, che affonda il gancio
nelle carni in amore. La mattanza oggi
era meno grave ieri. Mi dice: da lontano si prende quel
che più serve. Nei Marines semper fidelis
è ciò che portò mio padre a Dachau
nella parte salva, alle fabbriche.
 
Ora un nome lo conservo
e nel mese più mariano del mondo
lo sento muto, semper fidelis l’eco.
 
 
* * *
 
E tu prendi il sole. Il sole ti rende coraggio.
In questo senso gli amanti fanno
l’impero che nessuno vede. Si legano
adagio i confini di un territorio di pelli.
Umide e lucenti, perché sia tu sia il sole
poggiate i capelli nel Tirreno.
 
Vorrei sentirti parlare ancora del figlio
e che il confine cadesse
prima che l’angelo mostri il muscolo
del sollevamento. Non ho che dirti
del battito,  solo che accelera quando sanguino. O, per
il largo spazio che si è fatto in casa ai pareri,
qualcuno viene a dirmi: sai, gode ancora.
 
Questo sarebbe un rumore d’inferno.
 

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