Il dittongo? È... mobile | Lingua italiana | Fausto Raso | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

Login/Registrati

To prevent automated spam submissions leave this field empty.

Commenti

Sostieni il sito

iscrizioni
 
 

Nuovi Autori

  • laprincipessascalza
  • Peppo
  • davide marchese
  • Pio Veforte
  • Gloria Fiorani

Il dittongo? È... mobile

Gli abitanti di Siena si chiamano Senesi (senza la ‘i’); i derivati di scuola, come scolaro, scolastico si scrivono senza la ‘u’: come mai questa mancanza di uniformità? Come mai in queste parole, come in moltissime altre, del resto, cadono dalla parola-madre le vocali ‘i’ e ‘u’? È presto detto. Si tratta di vocaboli che al loro interno contengono il cosí detto dittongo mobile. Vediamo, innanzi tutto, che cosa è un dittongo.

Si chiama cosí l’unione di due vocali pronunciate con una sola emissione di voce e che, di conseguenza, costituiscono una sillaba unica. Il dittongo, il cui nome deriva dal greco diphthongos (suono doppio) è dato dall’incontro di una vocale forte o aspra (a, e, o) con una debole o dolce (i, u): suono, fuoco, cielo; oppure dall’incontro di due vocali deboli o dolci: fiume, piuma.

A loro volta si dividono in dittonghi ascendenti e discendenti, secondo la posizione dell’accento tonico. Saranno ascendenti se l’accento tonico (accento che si “sente” ma non si segna) cade sulla seconda vocale: buono; discendenti se l’accento tonico cade sulla prima delle due vocali: reuma, feudo.

Tra i dittonghi ve n’è uno particolare chiamato, appunto, dittongo mobile perché, come dice la stessa parola, “si muove” a seconda della posizione dell’accento tonico. Per essere estremamente chiari diremo che in grammatica (la fonetica) prende il nome di mobile quel dittongo che resta tale quando si trova in sillaba accentata e si contrae, invece, in semplice vocale quando si trova fuori della sillaba accentata. Vediamo di spiegarci meglio con alcuni esempi. Abbiamo detto, all’inizio di queste noterelle, che gli abitanti di Siena si chiamano senesi (senza la ‘i’). Vediamo, ora, il motivo della caduta della vocale ‘i’. Da Siena dovremmo avere, per logica, ‘sienesi’ e da scuola, sempre per logica, ‘scuolaro’ e ‘scuolastico’. A questo punto occorre prestare molta attenzione alla pronuncia, in particolare all’accento tonico. 
Da Siena, quando formiamo l’aggettivo senese, l’accento tonico si sposta dal dittongo ‘ie’ sulla sillaba successiva, di conseguenza il dittongo ‘ie’ si contrae in semplice vocale: Sièna > senése (abbiamo segnato gli accenti per maggiore chiarezza). Lo stesso discorso per i derivati di scuola: scuòla, scolàro, scolàstico. Il motivo della mobilità di questi dittonghi sta, dunque, tutto nella forza della pronuncia, dell’accento in particolare, ed è una conseguenza dovuta al passaggio dei vari ‘suoni’ dal latino (sempre lui!) all’italiano.

Molti verbi devono essere coniugati secondo la regola del dittongo mobile, che non tutti, però, rispettano. Cosí il futuro del verbo ‘sedere’ sarà: sederò, sederai, sederà ecc. e non ‘siederò’, ‘siederà’ (anche se alcuni vocabolari l’ammettono). Analogamente il condizionale sarà sederei ecc.

In musica non abbiamo, infatti, la sonata in fa minore? Nessuno, riteniamo, direbbe la ‘suonata’. Perché, allora, sovente, per non dire sempre, dobbiamo leggere ‘infuocato’ in luogo del corretto infocato? Chi dice e scrive infuocato dovrebbe dire e scrivere, per coerenza,sfuocato. Perché ‘promuovendo’ invece di promovendo? ‘Nuociuto’ anziché nociuto?

 

Cerca nel sito

Cerca per...

Sono con noi

Ci sono attualmente 0 utenti e 3725 visitatori collegati.