Semel in anno licet insanire e lo si capisce di più se si vive la realtà carnevalesca di Venezia.Non c'è differenza di età che discrimini la voglia di seguire l'antica tradizione di questa città. Sembra di camminare su di un palco immenso e vero sul quale non si chiude il sipario per giorni e tutto é teatro. Ogni calle, ogni ponte, ogni campo grande o piccolo che sia, è animato da maschere di ogni genere.Splendide coppie di veneziani passeggiano elegantemente nel tempo passato, rievocando un'eleganza ed un'aristocrazia di portamento che obbligano lo sguardo alla contemplazione. A viso aperto o con maschere minime, passeggiano in coppia con la loro dama, cadenzando il passo al ritmo di bastoni lucidi e dall'impugnatura importante e lavorata.Questi i veneziani che escono con il tepore del sole del venerdì che segue il giovedì grasso. Venezia è gremita ma vivibile, l'ideale per ammirare le maschere che si offrono generose. Capannelli di persone e obbiettivi fotografici di ogni marca, segnalano la loro presenza. Fotografi improvvisati e non, si adoperano in ogni modo fino a sdraiarsi a terra per cogliere la prospettiva migliore con il favore della luce,immortalando un evento che, nel suo genere, non ha eguali. Mi incanto anche io nell'ammirare la voglia di rispettare l'antica tradizione e la cura di indossare vestiti elaboratissimi e preziosi da far venir voglia di provarli almeno una volta nella vita. Maschere solitarie attirano i turisti sotto il loggiato di Palazzo Ducale o davanti alla Basilica di San Marco, altre in coppia si prestano a fotografie con i turisti in pose delicate e con movenze degne di ballerine di danza classica. Tutto è prezioso, dalle stoffe, ai cappelli, ventagli,guanti, anelli tutto attira l'attenzione e rende omaggio a tanto impegno e laboriosità. In mezzo a tutto questo ci sono le maschere fantasiose, elaborate e soprattutto coloratissime ed anche i bimbi che, come gli adulti, sfoggiano trucchi buffi sul viso ed anche effetti elaborati effettuati sul posto in uno dei tanti banchetti dei giovani che si offrono di truccare i passanti. Mi fermo ad osservare la loro abilità che fa sfoggio di sé già dalla stazione di Santa Lucia e prosegue nei piccoli campi che accompagnano fino a Piazza San Marco. Pennelli sottilissimi decorano visi di ogni età e provenienza con lo stesso entusiasmo, fedeli al motto che a carnevale tutto è concesso.Il mio pensiero ritorna alla mia permanenza a Venezia negli anni dell'università e al carnevale vissuto quasi da cittadina. Complicato di giorno quando ogni tragitto è rallentato dalla curiosità dei turisti sempre più numerosi e godibile alla sera quando la stanchezza obbliga alla sedute più improbabili lungo il Canal Grande e lo sfinimento misto all'entusiasmo, prende il posto della voglia di stupire.
Ne conservo un ricordo dolcissimo, quando con il viso truccato totalmente e avvolta in un tabarro nero, ritrovavo la dolcezza di un amore che aveva colto quell'occasione per riconquistarsi un posto nel mio giorno. Tutte le volte che sono in prossimità di quella riva a Rialto, ci ripenso e non posso non sorridere alla dolcezza di un ricordo, simbolo di un amore importante anche a dispetto di come è andata. Forse il carnevale è anche questo, trovare il coraggio di esprimere ciò che proviamo, mascherandolo per l'occasione e mescolandolo tra le stranezze, forse la paura di un insuccesso ci fa più timidi ma lui si offre complice provvidenziale anche per questo, oltre che per stemperare le amarezze che sono riservate a tutti.Mi viene da dire inoltre che, tra gli sparuti gruppi di maschere che si incontrano tra i campi e sui ponti della città, alcune trasmettono una sorta di melanconia, non so come spiegarlo a parole,ma si percepisce nelle fessure per gli occhi che bucano l'apparente immobilità dell'espressione della maschera e si nasconde tra movenze aggraziate ed armoniche, a me provoca questo effetto ed è per questa ragione che mi ritrovo a scrivere.
Questa sensazione si mescola ai ricordi legati al luogo e tutto assume una tonalità delicata come se il passare degli anni avesse equilibrato le emozioni, rivalutando ciò che di personale ha segnato questo evento.
Questa è la memoria emotiva, la più lucida perché confortata da immagini indelebili che raccontano di me e dell'evoluzione di sentimenti importanti che mi hanno fatto crescere.
Tutto questo testimonia, a mio modesto parere, che non serve necessariamente nulla di eclatante per assicurarsi un posto nella memoria di qualcuno ma quanto quell'incontro ha provocato e generato in noi fino a non farsi scordare mai. Resta quindi l'affetto profondo e vero che non svanisce e non ostacola ma lascia liberi, questo è il pregio di un amore sincero, che sopravvive oltre la fine
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