Scritto da © maria teresa morry - Mer, 11/04/2012 - 10:51
Per il professor Edmondo Mainardi , quel mercoledì di fine ottobre rappresentava il suo ultimo giorno di insegnamento. Dal giovedì successivo, egli sarebbe stato posto in quiescenza. La volgare pensione. Quel particolare status della vita in cui si diventa ex . Ex professore, ex ferroviere, ex operaio…. Ed entri in un mondo indistinto di persone, le quali, dismesse gli abiti delle precedenti professioni o mestieri, cominciano a trovarsi in vari circoli culturali o sportivi , piazze al mattino, parchi cittadini e mercati rionali di giorno , qualcuno in bar serali, e , per i più aitanti, in piscine e palestre, con quella straordinaria libertà e quantità di tempo tipica di chi non produce più alcunché di economicamente rilevante per il Paese. E’ pur vero che qualcuno , in pensione, migliora il carattere. Ma a questa eventualità il professore non aveva ancora pensato.
Uscito dal bagno, lavato e rasato, con la bella chioma grigia ravviata a colpi di pettine bagnato, secondo una vecchia abitudine che il professore aveva sin dai tempi dell’università, egli trovò in camera da letto, stesa sul letto, una camicia azzurrina stirata di fresco, la giacca di tweed appena uscita dalla lavasecco e ancora nel cellophane, un paio di calzoni stirati con una perfetta riga a piombo. La cravatta, appoggiata allo testiera del letto, aveva toni sobri e inclini all’autunno imminente.
Si vestì fischiettando; in fondo era di buon umore, come sempre di prima mattina. Sembrava davvero un giornata come un’altra.
Arrivò in cucina, dove trovò Magda, sua moglie, che versava con cautela il caffè fumante in due comiche tazzine cinesi. Notò che Magda era vestita di tutto punto, con una gonna a piegoline ed una giacca stretta che le metteva in risalto i bei fianchi rotondi.
“ Cara, ma che cosa fai già pronta e vestita? “ – chiese il professore ,sorbendo dalla tazzina.
“ Edmo, oggi esco con te “ – rispose sua moglie, guardandolo con viso sorridente e tenendo con la mano destra la cuccuma del caffè.
“ Ma ti sei persino truccata gli occhi ! “ – osservò il professore, stupito poiché la moglie, molto raramente, sottolineava lo sguardo con matita e ombretto.
“ Oggi è una giornata speciale, caro Edmo. Pensavo di accompagnarti un poco per strada, verso scuola , poi io entro in piazza dove c’è il mercato”
“ Mi sa, cara mia, che da giovedì ti accompagnerò spesso al mercato , la mattina – commentò il professore - così potrò capire come mai sei sempre così spendacciona! “ E disse queste ultime parole avvicinandosi a Magda e baciandole lievemente le labbra.
“ Comunque mi fa piacere che ti accorgi quando mi trucco…” aggiunse Magda con voce bassa e fissandolo con i suoi occhi latini, scuri e umidi.
“ Me ne accorgo solo perché hai occhi bellissimi, anche senza trucco…ma quando metti la matita…mi sconvolgi…! “ precisò il professore.
Magda era già corsa a prendere borsetta e altro, nel vestibolo e lo attendeva sulla porta di casa aperta sul pianerottolo.
Assieme, marito e moglie, iniziarono a percorrere il lungo viale che portava al centro. L’autunno non era ancora nel pieno delle sue forze e i tigli erano carichi di un fogliame leggermente variegato ed ingiallito. Il professore si fermò alla solita edicola ed acquistò il giornale, scambiando poche frasi con il giornalaio. Arrivati alla piazza, già tutta ingombra di varie bancarelle, con i venditori che sistemavano vociando le proprie mercanzie, i due coniugi si salutarono con un bacio sulle guancie. Magda guardò in maniera più prolungata Edmo , i suoi begli occhi grigi, dietro gli occhiali dal fusto leggero, la sua fronte sempre leggermente corrucciata, con sottili rughe che erano presenti anche quand’egli era stato giovane studente.
“ Edmo, ti aspetto per il pranzo, vedi di rientrare un poco prima…se puoi….”
“ Magda, non dirmi sempre le stesse cose…anche oggi….” Rispose il professore, rendendosi conto che forse la moglie lo voleva incoraggiare, dirgli qualche cosa di adeguato alla circostanza, ma la donna era sempre stata molto riservata nei sentimenti e quindi gli parlava con lo sguardo.
La luce del mattino fece brillare le palpebre di Magda, sulle quali ella aveva steso una polvere rosata per sottolineare il trucco degli occhi.
Lei gli strinse forte l’avambraccio e gli sorrise stringendo un poco le palpebre. Girò su se stessa e si confuse tra i commercianti di frutta e verdura.
Il professore di avviò lungo una strada laterale; ancora dieci minuti di buon passo e sarebbe arrivato al Liceo classico ove, da oltre quindi anni, era titolare della cattedra di Italiano e Latino. All’angolo della strada si apriva l’inizio della lunga cancellata che separava l’area scoperta del liceo ,dalla strada. L’edificio era in severo stile fascista , con altissimo porticato squadrato ed era intitolato ad un oscuro esploratore d’Africa, il quale ,con le sue ultime scoperte tralasciate da Inglesi e Francesi, aveva portato lustro al regime.
La sua mente , lo constatò in maniera alquanto fredda, non pensava assolutamente a nulla. Non si sentiva né afflitto né dispiaciuto. L’unica nota diversa dal solito era che il professore non aveva preso con se la sua cartella di pelle marrone , dove riponeva penne, matite, fogli ,agenda e cose varie. Quella mattina era a mani libere, sciolto, come andasse in passeggiata.
“ Strano - pensava - avrei immaginato che nel mio ultimo giorno di insegnamento sarei stato gravido di pensieri…vado in pensione al massimo del servizio…eppure non riesco a soffermare la mente su nulla in particolare…evidentemente sono stanco e desidero davvero mollare…tutti questi anni nella scuola…ho insegnato a centinaia di ragazzi, ho avuto decine di colleghi , sono stato sotto svariati presidi…ho visto tinteggiare le pareti dell’edificio scolastico non so quante volte!...che strano avere ora questo pensiero …”
Già il sole si faceva sentire e forse la giacca scelta da Magda, quella mattina , sembrava un tantino pesante..Con slancio sportivo , il professor Mainardi salì i gradini di ingresso ed entrò nella scuola dopo aver superato un austero portone in legno letteralmente forellato , ad altezza d’uomo, da migliaia di cicche spente dagli studenti , contro lo stesso.
Nell’androne in marmo nero e grigio , che le bidelle pulivano costantemente su ordine preciso del preside - una insegnante di matematica maniaca della pulizia- gli venne incontro la signora Mirella , con espressione servile ed adorante ( si mormorava che avesse definito ,durante chiacchiere di corridoio, il professor Mainardi come uomo pieno di fascino e “ gentilissimo”).
Era la custode dell’Istituto. Salutò il professore con un “ buongiornooooo” prolungato ed entusiasta.
Il professore ricambiò con un cenno del capo: non aveva mai dato molta confidenza al personale di servizio e non avrebbe cominciato ora.
Ed eccolo finalmente arrivato al lungo corridoio del piano terra, alla fine del quale si apriva l’aula della terza D. Man mano che si avvicinava , il professore udiva sempre più distintamente il vociare e le risate dei ragazzi che lo stavano attendendo. A pochi metri dall’ingresso vide guizzare uno studente e sentì gridare : “ Occhio ! il Maina è in arrivo”.
Come entrò in classe, i ragazzi si voltarono verso di lui. Qualcuno era in piedi ,altri seduti , due o tre gesticolavano a braccia spalancate davanti alla finestra aperta per far uscire il fumo di sigaretta. Le sigarette erano scomparse.
Qualcuno disse Buongiorno professore, ma non tutti salutarono…Il professore comunque salutò a voce alta e distintamente. Non si sedette alla cattedra, ma rimase in piedi con il fondo schiena appoggiato al bordo della stessa. Allungò le braccia e con le mani afferrò il ripiano della scrivania. Guardò i ragazzi. Squadrò la classe.
Il gruppo ricambiò l’ occhiata e per alcuni secondi , che sembrarono eterni, vi fu uno stano silenzio sospeso.
“ Rucelli chiudi per favore la finestra” ordinò il professore.
Subito il ragazzo di nome Mauro Rucelli eseguì l’ordine.
“ Vi vedo in forma oggi…” esordì Mainardi” mi fa piacere, così potremmo finire l’introduzione al Verismo , rimasta sospesa nell’ultima lezione….”
“ Ma come ? - squittì una ragazza del primo banco , tutta frangia e fard al viso - pure oggi che è il suo ultimo giorno?…”
“ Cinzietta , reputatevi anche fortunati perché nulla mi vieterebbe di farvi qualche domandina qua e là…non vorrete sprecare due ore di lezione solo perché il sottoscritto se ne va…?...In ogni caso sappiate che il nuovo professore è già in arrivo. Me lo ha confermato il preside…non perderete troppo tempo….avete gli esami , voi” rispose Mainardi, e caricò con la voce quel “ voi” come a ricordare a quella banda di sfaccendati che in ogni caso , a fine anno scolastico, c’era un appuntamento importante ad attenderli.
“ Baldelli per favore dimmi dove siamo rimasti l’ultima volta” disse rivolgendosi ad un ragazzo alto e magro, capelli biondicci rasati , vestito integralmente di nero.
Questi tirò fuori da sotto il banco un quadernone e lesse in maniera sconnessa alcuni appunti.
“Bene…allora riprendiamo…ma prima avete domande? “
“ Scusi prof. - domandò un ragazzo di nome Renzo Ospici, capelli lunghi raccolti con un cerchiello da donna - l’ha letto il nostro lavoro? …la prova in stile giornalistico che ci aveva
detto di fare la scorsa settimana?”
“ A proposito - si fece avanti una ragazza alquanto abbondante di seno, serrato in una maglietta striminzita - non ho capito perchè Lei ha voluto farci fare questa prova scritta ,se poi sapeva che nemmeno l’avrebbe corretta…”
“ Gianna, effettivamente non l’ho corretta - rispose il professore - ma l’ho letta. La tua infatti non era affatto scritta male…Ve le restituirò con qualche osservazione, a mezzo dell’insegnante nuovo…”
“ Non per nulla, ma per prepararmi a quell’articolo, mi ero letta la Fallaci…- ribattè Gianna dondolandosi sulle gambe posteriori della seggiola- che nemmeno m’è piaciuta, anche se dicono che fosse un drago del giornalismo”.
Il professore stava per riprendere le fila del discorso sul Verismo,quando dal fondo dell’aula si alzò una studentessa, Roberta Mille, una ragazza diafana, di altezza notevole per essere una donna, inguainata dentro jeans strettissimi, con borchie accuminate alla vita.
Portava i capelli scuri tagliati in maniera geometrica , mèches rosse , e un vivace rossetto. Si fece avanti verso la cattedra, con un passo dinoccolato. Il professore vide che la mano della ragazza, chiusa in un guanto di pelle rossa, con le mezzedita, reggeva un grosso pacco in carta perlata.
“ Insomma , avete deciso di non farmi dire una parola… - sbottò l’insegnante.
La ragazza pose il pacco sopra la scrivania e sussurrò : “ Questo è per lei, da parte nostra”, parlando rivelò di avere un vistoso apparecchio ai denti.
Rimase un attimo davanti alla cattedra, guardò il professore e ritornò nelle retrovie della classe.
“ Beh ragazzi, grazie -profferì Edmondo Mainardi , girandosi verso il pacco. Si sentiva preso un po’ di contropiede - questa proprio non me l’aspettavo…certo no”….allungò la mano e attirò a se la scatola, guardando fissamente il grande fiocco con pagliuzze dorate che ornava la confezione.
“ Guardi che non è una bomba - sentì commentare - può aprirlo tranquillamente ! “
Li volle tenere un po’ in sospeso. “ Magari lo apro a casa “ , disse il professore con studiata malignità.
“ Nooooooooo !!! “ reagì in maniera corale la classe . “ a-de-sso, a-de-sso a-de-sso “ si misero quasi a gridare, ridendo e picchiando sui banchi.
“ Basta, non fate tutto sto casino - li acquietò Mainardi – okkei lo apro….lo apro…sono curioso anche io” ammise in mezzo tono.
Cominciò a scartare il pacco. I ragazzi stavano seduti ed allungavano i colli. “ Ma che gli avete regalato? “ osò chiedere qualcuno che era rimasto all’oscuro della iniziativa.
Via la carta, apparve un involucro cartonato, forma cubica.
Altra studiata suspence da parte del professore.
“ Edddai prof !!! - tuonò la vociona di Lucio Baldinelli - adesso fa bell’apposta per non aprire…”.
“ Shhhhhhhh Lucio,lascia che faccia come crede”, altra voce stizzita femminile.
Mainardi aprì la scatola sollevando quattro lembi incastrati tra di loro. Li aprì con cura.
Subito apparve un assemblaggio di strani trucioli in polistirolo color miele, leggerissimi.
“ Ma che cosa c’è qua dentro ? “ chiese il professore fissando i trucioli.
“ Madonna… ma quanto ci mette ?!! “ sempre la voce spazientita di Baldinelli.
“ Ci metta le mani dentro professore, mica c’è un cane che morde !! “
Mainardi era curioso ma anche preoccupato. E se i ragazzi gli avessero fatto un tiro? Uno scherzo? D’accordo …non erano fior fiore di studenti, ma nemmeno dei farabutti.
Decise. Affondò entrambe le mani nei trucioli, fin oltre i polsini della camicia. Vi entro proprio dentro, a quei trucioli.
Le mani afferrarono un oggetto tondeggiante,liscio e freddo. Pareva una testa. Però i polpastrelli del professore, avvertirono delle escrescenze rugose sopra la superficie. Da un lato poi, il palmo destro incontrò una specie di tubero.
“ Professoreeeeeeeeeeee “ Baldinelli era quasi alla disperazione, non tratteneva più la curiosità.
Mainardi afferrò fermamente l’oggetto e d’un sol gesto lo trasse dalla scatola, buttando all’aria una certa dose di trucioli.
Non seguì una immediata reazione. Vi fu un sincronico silenzio generale. Lui si trovò tra le mani uno strano animale in ceramica, completamente dorato.
Abbassò le braccia e depose l’oggetto sulla cattedra, con il muso rivolto a sé.
Si trattava di un orrendo elefante indiano in vile ceramica , tutto dipinto con porporina dorata , intarsiato di alcuni pezzi di vetro colorato a mo’ di pietre preziose. Le escrescenze che il professore aveva palpato.
Il pachiderma aveva sulla groppa una gualdrappa verde di carta stagnola, gli occhioni cerchiati di kajal nero, Attorno alle zampe c’erano quattro collanine di sonagli. Le unghie laccate di bianco.
Era una evidente cineseria. Paccottiglia. Robaccia comperata in qualche negozio cinese che oramai pullulavano anche in quella cittadina.
“ Ammàppate - esclamò Cinzietta che s’era seduta sopra al banco.
“ Bello eh? - gridò Baldinelli , tutto sudato in faccia per l’eccitazione.
“ Guardi prof. …che è il simbolo della saggezza….l’elefante indiano….un animale sacro…Insomma è un animale, ma con un significato...”.
Il professore , facendo leva con il dito contro la proboscide, fece girare su se stesso l’animale.
La classe ridacchiava e si scambiava gomitate.
“ Ma dove lo avete scovato ? – chiedeva una ragazza dal fondo dell’aula.
“ Nemmeno se mi faccio una canna posso immaginare una bojata del genere” – commentava un altro.
“ Ve lo dicevo io che non gli sarebbe piaciuto !!” esclamò Brunetto-
“ Ma se è una figata pazzesca “ ribattè Baldinelli.
“ Ragazzi è una delle cose più orrende che io abbia visto… - sorrise il professore Mainardi-
Di un gusto pessimo….ma dove l’avete preso? ….Sto pensando alla faccia di mia moglie quando lo vedrà”.
Intanto cominciò a raccogliere tutti i trucioli sparsi sulla cattedra. “ Baldinelli, tu che sei tanto su di giri, raccatta per cortesia i trucioli caduti a terra e mettili nella scatola” ingiunse il professore.
“ Bene, divertimento finito…s’era capito che volevate farvi quattro risate alle mie spalle, adesso però tornate ai vostri posti e parliamo di cose serie…”
Mentre il grasso Baldinelli raccattava i trucioli, scoprendo i lombi lardosi e contratti nei jeans, il professore Mainardi volgeva lo sguardo altrove, oltre l’ampia finestra dell’aula e, con la bella voce impostata ( ricordi di un passato di attore di filodrammatica), cominciò un rapido riassunto sul Verismo.
Sentiva alle sue spalle il frusciare dei fogli girati e due penne cadere dai banchi. Qualche sussurrare…ed intuì anche la parola “ elefante” bofonchiata da qualcuno.
Tuttavia, mentre si concentrava sulle parole, nei pensieri s’infiltrava una sensazione di fastidio. V’era che il professore c’era rimasto un po’ male per via dell’elefante. Non s’immaginava certo di ricevere qualche cosa “ di degno” da una classe che lo aveva fatto sempre tribolare e i cui componenti, tranne qualche singolo , erano nell’insieme scadenti e disinteressati. Anche sotto il profilo della buona educazione , li aveva dovuti spesso strigliare. Gli si rivolgevano come fosse uno loro pari e in alcune occasioni i più sfrontati, incrociandolo da solo in corridoio, s’erano permessi frasi e allusioni pesanti o in merito al suo abbigliamento o alle note preferenze che la signora Mirella aveva incautamente espresse nei suoi riguardi. Come quella volta in cui, essendo lui uscito dall’aula in corridoio , per rintracciare due studenti assenti dalla sua lezione da oltre venti minuti , e li aveva trovati nel bagno con espressione vagamente allucinata. Un aroma dolciastro permeava la zona dei lavabo. “ …Eddai Maina, fatti un tiro pure tu…” aveva esclamato con incosciente provocazione uno dei due giovani, porgendogli una inequivocabile canna, mentre l’altro sghignazzava in un modo cattivo, appoggiato con la schiena al muro.
Tutti questi frammenti di ricordi salivano a galla nella mente del professore,mentre osservava il magro cortile della scuola, le fila di biciclette nuove o sgangherate degli studenti, impilate nelle apposite rastrelliere, nonché la vecchia macchina d’època, una Lancia Flavia, lustra e cromata , di proprietà della custode dell’istituto, parcheggiata davanti all’abitazione dello stesso.
Al trillo della campanella della seconda ora di lezione, il professore chiuse immediatamente suo monologo e fissò gli studenti, che erano già scattati in piedi per precipitarsi in corridoio. “ Bene ragazzi…con questo vi saluto…adesso passo dal preside per alcune formalità e poi vado a casa…”
“ Ma prof, che farà adesso, senza la scuola ? “
“ Beh potrebbe sempre darsi allo sport….magari all’ippica..ahhhh “
“ Ma no, che dite…il professore può sempre fare ripetizioni di latino…anzi mi sa che gli conviene pure…”
“ Professore auguri….”
“ Professore stia bene e si mantenga così”
“ Passi a trovarci durante l’anno!!! “ . A quest’ultima frase parve seguire il rumore di una pernacchia …ma il professore non ne era poi così certo.
“ Va bene ragazzi…auguri anche a voi - rispondeva a tutti il professore - e ancora grazie di questo magnifico elefante “ aggiunse Mainardi , alzando verso di loro il pacchetto, che era anche riuscito a riavvolgere nella carta perlata.
Il professore disbrigò quanto doveva fare in presidenza. Passò poi alla sala professori dove si accomiatò dai colleghi presenti ed anzi, poiché aveva deciso di invitare qualcuno di questi ad una cena per il prossimo sabato, si intrattenne con due insegnanti per confermare gli inviti.
Un po’ di festeggiamento lo avrebbe fatto con le persone a lui gradite, non era il tipo che porta le bottiglie e i salatini in sala professori…poi detestava quelli che si ingozzavano. Ricordava come, in occasione di alcuni compleanni di insegnanti, certi colleghi s’abbuffavano senza ritegno davanti ai vassoi , come se non mangiassero mai.
Salutati quindi pure i bidelli, con varie strette di mano e promesse di “ passare ogni tanto per un saluto” ,il professore uscì dal Liceo e s’incamminò verso casa, portandosi appresso il regalo.
Strada facendo gli venne pure la tentazione di gettarlo nel cassonetto dei rifiuti,magari in una zona non proprio vicina alla scuola, ma poi egli pensò che meritava di mostrarlo a Rachele…una bruttura così eccezionale doveva essere esibita…sua moglie ne avrebbe riso sicuramente.
Con un certo anticipo rispetto al solito orario, il professore arrivò a casa…salendo le scale avvertì un forte profumo di ragù aleggiare al primo piano e salire verso la tromba delle scale.
Mentre si stava per avvicinare alla porta del suo appartamento, la porta di questo si aprì ed apparve Magda.
“ Ah sei qui Edmo !....ho riconosciuto il passo ! “ fece lei, tutta sorridente.
“ Ciao cara, tutto bene ? “ chiese il professore infilandosi oltre la soglia…” Pensavo, se sei d’accordo, di andare a mangiare fuori oggi. Che dici? Andiamo in trattoria da Remo…avrei voglia proprio di una bella fritturina di pesce…visto che oggi è giorno nuovo…e c’è pure un bel sole tiepido…Poi si fa due passi…” la guardava con aria interrogativa, sperando che la moglie fosse della sua stessa idea. Nel frattempo lasciò cadere piano il paccone, vicino al portaombrelli.
“ Benissimo ! Avevo preparato il pranzo, ma fa niente…è tutta roba che si può mangiare anche domani – rispose Magda - Solo che prima Edmo devi aprire un pacco. E’ arrivato un’ora fa…un grosso pacco…E’ in salotto…un po’ voluminoso”. E così dicendo la moglie lo precedeva nella stanza.
In effetti, sopra il tappeto del salotto, era depositato un pacco alto, ma di sottile spessore. Sembrava un pannello incartato.
“ Ma chi l’ ha portato ?! domandò Mainardi, girandogli attorno. Era la giornata delle sorprese,
quella?
La carta era di una nota galleria d’arte della città…ne poteva leggere il nome più volte ripetuto in caratteri neri sul grande foglio che avvolgeva l’oggetto.
Il professore , sotto gli occhi curiosi della moglie, scartò con grande rumore della cellulosa mista a nylon . Alla fine apparve, incorniciata, una splendida incisione che riproduceva uno scorcio del porto della città. L’artista , molto apprezzato, era un nome noto. Si trattava di un pezzo numerato in pochi esemplari.
“ Accidenti - esclamò Mainardi, sollevando con entrambe le mani la cornice e mettendo l’incisione verso la luce della finestra – questo sì che è un signor regalo…Ma chi è? Chi è che mi ha mandato questa incisione? “
“ Ecco Edmo, c’era questo biglietto che tu nella foga di aprire , hai fatto volare…” disse la moglie porgendogli una busta in carta diplomatica, un poco rigida.
Edmondo infilò con fretta le dita nella busta e ne trasse in cartoncino…Gli occhi scorsero veloci sulle righe e su una sfilza di nomi che diligentemente erano stato scritti uno sotto l’altro.
“ Ma pensa te !! - disse ad alta voce il professore - questa, poi !!!.....Si sedette sul divano, scoppiando in una forte risata.
“ Chi te lo manda,Edmo ? “ chiese Magda a sua volta ridendo , ma un poco stupita della reazione del marito.
“ Sono stati i miei studenti della terza liceo, sezione D….quei lazzaroni…- rispose il professor Mainardi ,continuando a ridere – che matti …e pensare che….Domani torno a scuola e li vado a ringraziare, lo devo fare assolutamente…Questo pezzo è davvero bello, Magda, gli dobbiamo trovare il posto giusto.”
Intanto la moglie aveva pure lei preso in mano il biglietto e lo stava leggendo. “ Scusa Edmo, ma che vuol dire? Qua c’è scritto…” Professore, questo è per rifarsi dallo choc da elefante…Grazie di tutto e i migliori auguri…” Di che elefante parlano?, domandò stupita.
“ Magda , dopo te lo dico…adesso prendi le tue cose e la borsetta, usciamo! Si va da Remo a festeggiare” disse il professore , tutto allegro. L’amaro in bocca da elefante cinese in coccio si era del tutto dileguato. All’indomani , come prima cosa, sarebbe andato immediatamente all’istituto a ringraziare di persona i ragazzi.
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