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Hilena

 
Hilena camminava a passo veloce lungo il crinale scosceso della Fortezza e si chiedeva come fosse riuscita a fuggire da una città come Hereen. Non comprendeva la facilità con cui era riuscita a eludere la sorveglianza dei guardiani-maghi delle porte ad ovest della città e, anche se aveva usato il potere dissimulatore che rendeva invisibili, le pareva strano non aver trovato alcuna benché minima resistenza. 
Pioveva a dirotto e le fronde degli arbusti delimitanti il crinale si agitavano piegandosi fino all’estremo, quasi volessero ostacolarle il cammino. Il vento, misto ad acqua e ghiaccio, spirava con forza contro il corpo della maga, ma lei, piegandosi leggermente per darsi forza, guardava avanti, in direzione della vetta ancora piuttosto distante. Sapeva che se avesse raggiunto quel picco, illuminato dallo sfolgorare dei fulmini della tempesta, la sua stanchezza avrebbe di certo trovato risanamento. Gli elementi della natura si mostravano in tutta la loro energia. Il sentiero su cui camminava s’inerpicava sul crinale in mezzo a massi dalla forma più strana, si snodava come una serpe a caccia di preda e, infradiciato dalla forte pioggia, rallentava la sua marcia….Era in ogni caso bello assaporare la riconquistata libertà. Questo era il pensiero che la induceva a proseguire senza flessioni, era ormai tornata a vivere, non aveva più costrizioni magiche che le limitavano la mente, poteva finalmente esercitare appieno il suo potere di maga. Le nubi, intanto, ancora ricolme d’acqua e sospinte dal vento delle terre del ghiaccio, procedevano verso il fiume Ghir lasciando campo ad un palcoscenico di scorcio di cielo trapuntato di stelle. Hilena si fermò per un istante per riprendere fiato e per osservare quello spettacolo sorprendente.  Alzò il capo e, con un gesto leggero, sollevò il bordo del cappuccio dirigendo lo sguardo verso la fetta di cielo che si stava rasserenando. Le poche stelle visibili si mostravano nella loro grandezza. “La natura è signora di noi tutti”, pensò riprendendo la via. Il pastrano lungo fino ai piedi con cappuccio la copriva bene riparandola dalla pioggia e il vento. La tempesta aveva diminuito intensità, le raffiche del vento nordico s’erano calmate, il freddo della notte s’era fatto più sopportabile, ma Hilena, stranamente, accusava una stanchezza spossante. La maga, rimasta rinchiusa per moltissimo tempo a Hereen, aveva perduto quella resistenza fisica che contraddistingueva i maghi e le condizioni atmosferiche non l’aiutavano certo a superare questa lenta ripresa. Camminava facendo attenzione dove metteva i piedi, che sentiva sprofondare nel terreno, il fango che si attaccava alla tomaia degli stivaletti di cuoio aveva creato ormai una sorta di sopra scarpa, che, ad ogni passo, diventava sempre più pesante, non ce la faceva proprio più. Decise di trovare un rifugio per riposarsi qualche ora. Avanzò verso un leggero spazio delimitato da un masso piuttosto enorme e da tronchi d’abete spezzati, e lì, guardando attentamente scoprì una piccola grotta, tana certo di qualche felino montano. Prima di prendere possesso di quel luogo fece un verso stridulo per accertarsi che fosse vuoto e, per quanto angusto fosse, lo trovò accogliente. Appena varcò l’entrata, abbassandosi quasi a livello di terra, senti uno strano odore di carne affumicata, doveva essere certo la fame perché era parecchie ore che non metteva nulla sotto i denti. Quando fu dentro un caldo flusso investì il suo corpo ben proporzionato, una strana sensazione le percorse la mente stanca, quasi come se qualcosa volesse entrare in contatto con lei, ma non si curò eccessivamente. Procedette a gattoni fino alla parete in fondo, ivi, girandosi lentamente per mettersi seduta a gambe incrociate, sgranò gli occhi per abituarli all’oscurità e, non appena lo furono, poté guardarsi intorno. Alla sua destra, a circa un metro, vide un giaciglio fatto d’arbusti e foglie secche, alla sinistra, invece, a poca distanza, distese come trofei, c’erano ossa d’animali uccisi e, infine, davanti, a non più di un metro e mezzo, si trovava l’entrata. Rassicurata, decise finalmente di placare gli urli dello stomaco, che ormai protestava solennemente con brontolii rumorosi. Da sotto il pastrano estrasse una bisaccia, da cui tirò fuori un fazzoletto pervinca, che avvolgeva la sua frugale cena a base di carne salata e gallette vegetali, lo appoggiò tra le gambe, attenta a non farlo scivolare, poi fuoriuscì un altro oggetto che aveva tutta l’impressione d’essere una minuscola lanterna, sistemò lo stoppino imbevuto di un liquido infiammabile e con un semplice schiocco delle dita l‘accese. La luce fioca, flebile illuminò gran parte della tana. Hilena costatò che le pareti del luogo erano cosparse da enormi cristalli di quarzo ialino, puro come acqua di roggia. Avvicinò allora la lanterna ad uno di loro e consapevole dell’effetto sorrise soddisfatta. All’improvviso, la luce che colpì il cristallo si propagò a catena su tutti gli altri disseminati sulle pareti rischiarando tutta la grotta. Grazie a quest’espediente, ora, aveva anche la luce, fissò la lanterna al cristallo con del fango umido e finalmente poté mangiare. Con la luce i lineamenti, alteri ma al tempo stesso amichevoli, facevano trasparire la sua aura risoluta e il suo cuore istintivo, solo gli occhi, lilla, incutevano una fermezza di fondo, coltivato in più di duemila anni di vita. Terminò la cena in pochi minuti. I muscoli, affaticati dalla camminata sotto la pioggia, non erano più in tensione, la stanchezza che aveva accumulato stava trasformandosi in torpore, gli effetti della tempesta non la preoccupavano più come prima, erano attutiti dalla protezione della grotta e presto senza accorgersi il sonno la prese. Sognò. Doveva attenderselo……non c’era più la magia a proteggerla da quegli orrori. La mente spaziò tra bagliori d’else lucenti sferzate con violenza per seminare morte, corpi mutilati e urlanti, sangue e convulsi inseguimenti……era quello il crudo scenario di quei mille anni dimenticati, ma ora ritornati alla sua memoria così prepotentemente. I ricordi esemplificati in sogno e le scene che erano state sepolte sotto le mura di Hereen, ora, piano  ritornavano a galla come un’eruzione vulcanica.  Era il periodo della gran guerra. La razza umana aveva riportato in maniera massiccia una vittoria clamorosa. Aveva sconfitto le truppe naniche e gli eserciti elfici grazie all’aiuto del Y’liliath e dominavano ora su gran parte delle terre conosciute. Ad un tratto, Hilena fu svegliata da una risata stridula e acuta, in pochi secondi, in un gesto meccanico, aprì gli occhi e strappò la lanterna dal cristallo, la grotta ripiombò nella penombra.  Guardò subito in direzione dell’entrata, allarmata da quelle risa che provenivano da fuori e, assumendo istintivamente una posizione a quattro zampe per muoversi con maggior facilità all’interno di quel luogo, era diventata un felino pronto a difendere il proprio territorio. Con cautela fece qualche movimento verso la luce debole che filtrava dall’entrata e, tenendosi comunque sempre spostata a destra, s’allertò. I versi striduli e laceranti pulsavano con regolarità, Hilena pensò ad un rapace che reclamava quel posto per riposare, ma appena mise fuori la testa dall’entrata s’accorse che non si trattava di un animale. La creatura la osservava con dolcezza; era una donna straordinariamente bella se non per gli occhi freddi color ghiaccio potevano sembrare gemelle
­-  Chi siete ­– disse Hilena osservandola attentamente. La giovane e misteriosa donna non emise un gemito. Il suo sguardo penetrava come una lama nella mente di Hilena. La tempesta si era completamente allontanata e il vento non spirava più con la forza di prima. La luna si era affacciata prepotentemente in quel palcoscenico naturale, rubando il ruolo da protagonista alle poche stelle che avevano seguito la tempesta di qualche minuto prima. La luce debolmente flebile illuminava il viso della strana donna, mettendo in luce la sua bellezza e l’aurea maligna che l’avvolgeva. Hilena provò un brivido lungo la schiena e comprese subito chi aveva di fronte ed allertò subito i  sensi. Di contro la strega, anticipando le mosse della maga, si avvicinò e cinse con un gesto repentino il corpo sinuoso di lei e con violenza le sue labbra si unirono alle altre in un bacio travolgente………[ continua ]
 

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