Scritto da © Anonimo - Dom, 27/12/2009 - 00:58
Sala d’aspetto passeggeri alla stazione. Un signore legge un libro comodamente rilassato; accanto a sé ha poggiato il soprabito e sulla sedia, dall’altro lato, una borsa da viaggio. Entra un giovane con le cuffiette nelle orecchie e il filo delle stesse che sbuca dalla tasca dei pantaloni a vita bassa. Dà uno sguardo distratto in giro e poi si dirige verso l’uomo che nemmeno se ne è accorto.
Giuntogli davanti, con un tono di voce più alto del normale, lo apostrofa:
- Posso? – dice indicando il cappotto all’uomo seduto.
- Eh? Cosa? – risponde questi trasalendo.
- Può spostare il soprabito?
- Certo, perché? – dice l’uomo senza ancora rendersi conto.
- Vorrei sedermi…
- Ah!, capisco, – alza lo sguardo nella sala completamente vuota e ironicamente risponde: - Già, qui è tutto pieno…
Il giovane si siede, ma la musica di quelle tambureggianti che aiutano a rimbecillire prima dell’Alzhaimer, benchè in cuffia, è tanto alta che il signore spazientito si rivolge a lui alzando il tono della voce: - Non è che Von Karajan se ne ha a male se quelli lì fuori non lo ascoltano per un po’, eh?
- Che?
- Ho detto: mi farebbe la cortesia di abbassare leggermente il volume della musica?
- Ah! Sì, sì, certo, – trae dalla tasca l’aggeggio elettronico ed armeggia riducendo di poco. – Va bene?
- In mancanza di peggio e se non arrivano gli altri spettattori del concerto! - Risponde rassegnato l’uomo e riprende la sua lettura, infastidito. Appena giunto in fonto alla pagina, il giovane gli urta confidenzialmente il gomito e gli ingiunge: - E’ qui perché aspetta il treno?
L’uomo lo guarda tra il commiserevole e l’indulgente, poi sbotta: - No, avevamo un congresso in questa sala di vecchi viaggiatori dei treni con la locomotiva a vapore e nessuno si è presentato oltre me.
- La capisco. Non l’hanno ritenuta interessante, insomma. – Considera il giovane senza comprendere l’ironia della risposta.
- No, è che son tutti morti, evidentemente!
- E adesso cosa fa?
- Vado al cimitero e tengo lì la conferenza! Ma se lei è disponibile, posso cominciarla qui…
- Per carità!, – esclama il giovane per niente colpito dal tono sferzante dell’altro. – Vada, vada pure al cimitero. Conosce tutti i nomi dei partecipanti?
- Eccerto! Buffalo Bill, Toro Seduto…
- Quelli dei fumetti! Deve essere una cosa interessante, allora!
- Eccerto che lo è! – L’uomo ormai è spazientito e stropiccia nervosamente il libro stirando la pagina che più piatta non si può, poi riprende a leggere stizzito. Nemmeno il tempo di far scorrere due righe e il giovane di nuovo gli chiede: - William Cody, eh?
- Cooosa? Chi…?
- Dico, William Cody era il vero nome di Buffalo Bill.
- No, no, era Guglielmo Codice. Un oriundo lucano un po’ amaro che si era stabilito in America perché amava viaggiare a dorso di bufalo… Poi capì l’importanza del “cavallo d’acciao” e mise su una compagnia da circo con gli indiani, Calamity Jane e l’Uomoragno! – Il tono è ormai spazientito e il pover’uomo non regge più il confronto. Con la voce ormai in falsetto per il nervosismo, tenta l’ultima carta: - Perché non si ascolta la sua musica e mi lascia finire in pace il libro?
E l’altro, stizzito: - E come faccio, lei parla sempre!
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