Scritto da © Franco Pucci - Mar, 20/03/2012 - 16:41
“Non so che viso avesse,
neppure come si chiamava,
Con che voce parlasse,
con quale voce poi cantava…”
Sul tavolo, dalla tovaglia di plastica antica
a quadri rossi e bianchi, un cartoccio di fave
pecorino e salame ad accompagnar il vino.
La chitarra sulla panca attendeva voci roche
dal troppo bere rosso di madre sconosciuta.
Negli occhi acquosi e persi del compagno,
seduto davanti a me, là nella cooperativa,
il racconto aveva il sibilo del mantice stanco
per tutte le speranze accese e andate in fumo
e il canto strideva come acciaio sulle rotaie.
“Ma nella fantasia ho l'immagine sua:
Gli eroi son tutti giovani e belli…”
Gli eroi son tutti giovani e belli…”
Due tocchi del campanile della chiesa accanto
erano il mio metronomo che scandiva il tempo
ancora due accordi, un goccio di rosso veleno
e il commiato fu un bofonchiar “ciao compagno”
Ma l’Alfa era dura a morire quella sera e l’invito
non giunse inaspettato per l’ultimo grappino.
Non so come arrivai ai piedi del nostro letto
e, mentre la luce della luna filtrando tra gli scuri
disegnava sul tuo corpo un desiderio mai sopito,
abbandonai chitarra e sonno e il canto fu perfetto.
“Ma intanto corre, corre, corre la locomotiva
E sibila il vapore e sembra quasi cosa viva…”
E sibila il vapore e sembra quasi cosa viva…”
*(grazie Guccini, ora come allora)
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