Scritto da © Hjeronimus - Mar, 13/03/2012 - 12:54
La vita, dite voi, cos’è la vita? Nulla, niente, la vita è vuoto niente cui incessantemente cerchiamo di rimediare opponendole palliativi che non la colmano, non la contentano, ma che rappresentano l’unico contro-valore del niente della vita, dell’unico niente dell’unica vita di cui consistiamo. Già, ma cos’è il valore? Niente, il valore è l’escamotage dell’intelligenza onde opporsi ad una natura che non lo prevede: una qualità soltanto nominale, perché non c’è, non esiste il valore in natura. Sì, ma cos’è la natura? La natura è il blocco ottuso e recalcitrante cui non ostante tutto l’umano torna sempre con la coda fra le gambe, sempre battuto nel suo sapere, nel suo opinare, dai desideri. E cosa sono i desideri? I campanelli d’allarme della carne, per ricordarci che non c’è nulla oltre il loro sordo battito che li fa fremere. E cos’è che batte? È il fremito insaziabile dell’essere, è il diapason, il metronomo del brodo primordiale da cui emerse come una Venere frangibile e caduca la storia. E la storia, ecco, è questo pormi in questione, seduto su questa sedia, mentre tento di discernere il niente dal valore, la natura dalla carne, e me stesso dalla storia che comunque io sono. Quindi non ditemi che sono niente, sono di più: sono il più gran niente che si sia mai visto sulla faccia del mondo. Sono l’unico niente possibile perché oltre me non v’è che il niente impossibile. Io sono cioè il niente storico fatto di tempo. Ma cosa è il tempo? Il tempo è la scatola dentro la quale l’essere è postulato e quindi concesso. Una scatola la cui ubicazione ci è ignota e recondita, ma che, essendo dimensionale, contiene necessariamente e per sempre anche l’aliquota per noi fondamentale, quella della nostra vita.
Già, ma cos’è la vita?…
Già, ma cos’è la vita?…
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