Mi insegnano la metrica,
l'irriverenza del suono,
la congiuntura cacofonica
di una melodia d'archi
e tamburi tibetani,
io non capisco
non capisco.
Leggermi mi annoia,
si mi annoia
e manrovescio le lettere
alla deriva di un ignoto sogno
che deve ancora venire.
Espello poesie come catarro
dalla bocca,
come sudore dai miei pori,
come feci dall'ano,
come urina dal pene,
espello poesie
perchè questo sono i poeti,
gente che rovescia
i residui del proprio corpo
sino a farsi male.
Leggermi mi annoia,
come sentire un rumore
di rane nel cortile
e dislessicamente cambio
toni e ramificazioni.
Tu,
che seduto sulla panchina
correggi più le idee
che la grammatica,
sfoglia
la mia ghigliottina
a doppio taglio.
C'è più amore
in una formica che
per sette metri
trascina al nido
la sua briciola di pane,
che nei settecento versi
inutili e blasfemi di emozione,
scritti in ordinata metrica
di qualunquistica, illustrissima
banale, ordinata, poesia d'amore.
- Blog di giuseppe diodati
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