Scritto da © Hjeronimus - Sab, 14/01/2012 - 18:43
I desideri, che desiderano ruotandoci dentro come in deambulatori senza requie e senza reliquie e che difatti non trovan nulla se non che questo vuoto dannarsi l’anima, senza neanche avercene una. Una decente, almeno, uno straccio d’anima senza pecche, senza sdruciture, senza rattoppi da mendici d’affetti, quali siamo.
I desideri neanche indecenti che brancolano ciechi nelle nere gallerie del nostro cuore, oscura miniera di incommensurabili, inestimabili, aurei niente che nessuno strapperà fuori mai.
E gli auspici, poi, di un bene, di un volersi bene, come trofei troppo magnanimi alle nostre miserrime attitudini, ai nostri ctonii talenti e alla nostra scellerata realtà.
E la realtà, a sua volta, irreale, spettrale, chimerica – nemica obbiettiva e spietata delle nostre tenui ali, dei nostri voli fatui, “sfarfallati” sull’universo sanguinario come un canto di cicale sopra la macina nichilista dell’odio di sé e della morte…
E la morte, ancora, infine, tabula rasa estrema che porta ordine al caos, indifferente alla escatologia del caos, che c’è finché lui c’è, in quanto che lui, come me, come noi, è il desiderare disordinato e senza regole, opposto alla nitidezza vuota asettica indefettibile di ciò che non c’è.
E quando non ci sarò, che universo sarà mai? Quando io, scintilla irrazionale del caos pirotecnico del creato, avrò brillato le mie ultime lacrime fosforescenti e il tutto, là fuori, ritornerà alla sua calma antidiluviana, ineccepibile e crudele, trascendentale e crudele, sublime e crudele…?!
Quando la crudeltà di Dio sarà manifesta nel desertico ritorno all’ordine che la soglia del nulla mi dischiuderà…?
I desideri neanche indecenti che brancolano ciechi nelle nere gallerie del nostro cuore, oscura miniera di incommensurabili, inestimabili, aurei niente che nessuno strapperà fuori mai.
E gli auspici, poi, di un bene, di un volersi bene, come trofei troppo magnanimi alle nostre miserrime attitudini, ai nostri ctonii talenti e alla nostra scellerata realtà.
E la realtà, a sua volta, irreale, spettrale, chimerica – nemica obbiettiva e spietata delle nostre tenui ali, dei nostri voli fatui, “sfarfallati” sull’universo sanguinario come un canto di cicale sopra la macina nichilista dell’odio di sé e della morte…
E la morte, ancora, infine, tabula rasa estrema che porta ordine al caos, indifferente alla escatologia del caos, che c’è finché lui c’è, in quanto che lui, come me, come noi, è il desiderare disordinato e senza regole, opposto alla nitidezza vuota asettica indefettibile di ciò che non c’è.
E quando non ci sarò, che universo sarà mai? Quando io, scintilla irrazionale del caos pirotecnico del creato, avrò brillato le mie ultime lacrime fosforescenti e il tutto, là fuori, ritornerà alla sua calma antidiluviana, ineccepibile e crudele, trascendentale e crudele, sublime e crudele…?!
Quando la crudeltà di Dio sarà manifesta nel desertico ritorno all’ordine che la soglia del nulla mi dischiuderà…?
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