Storie di ordinaria barbarie | Filosofia | Antonella Iurilli Duhamel | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

Login/Registrati

To prevent automated spam submissions leave this field empty.

Commenti

Sostieni il sito

iscrizioni
 
 

Nuovi Autori

  • laprincipessascalza
  • Peppo
  • davide marchese
  • Pio Veforte
  • Gloria Fiorani

Storie di ordinaria barbarie

La via umida di A. Iurilli Duhamel
 
I giornali sono pieni di volgarità, la gente si insulta ovunque con la massima disinvoltura, intolleranza e distruttività;  mancanza di dignità, prevaricazione e bassi istinti riempiono i mezzi di comunicazione. Quando non sono le ‘guerre sante’ ad essere addotte come alta motivazione, si passa ad  altri “ismi” politici, sessuali, razziali, sociali e chi più ne ha più ne metta.
 

Ci si illude che queste distinzioni siano motivazioni reali; si crede ancora che  esistano differenze reali tra religioni, sesso, destre e sinistre, conservatori e liberali in generale, e nello specifico  in Italia (dove di certo la nostra  forma di democrazia non ha mai avuto i mezzi per maturare ed evolversi)  al contrario, si è sclerotizzata  come un vecchio bambino incapace di trasformarsi e rinnovarsi.


Purtroppo alla faccia di tutti i movimenti rivoluzionari dobbiamo ammettere che il  nostro paese si basa tuttora, su antichi privilegi, sulla costante prevaricazione e sulla tendenza ad abusare dei diritti umani,  tanto nel sociale quanto nel privato, in realtà ad una forma di totalitarismo ne sono susseguite altre e la storia sembra andare avanti.

Siamo ben lungi dall’aver maturato l’idea che la civiltà dipende dal benessere dei molti e non dei pochi, che i diritti civili e gli equilibri delle forze sono il prerequisito di base per una corretta integrazione degli opposti.
Esiste una innegabile intolleranza che puntualmente da  luogo ad esplosioni di violenza verbale e fisica; sempre più spesso non ci si cura  più  di chi sta a guardare impotente, compreso  i bambini.
 

Kant  affermava che senza rispetto non è  possibile nessuna altra forma di virtù; ogni civiltà degna di essere chiamata tale si basa sulla consapevolezza che non possiamo avere nessuna possibilità di dignità lì dove questa viene a mancare  nei confronti degli altri. In questo mondo  possono esistere situazioni  drammatiche dove in guerra, o per legittima difesa, può diventare tragicamente necessario colpire un uomo, ma anche in questi casi non dovrebbe essere lecita la mancanza di rispetto, nemmeno nei confronti di un colpevole, cui giustamente venga comminata una grave pena.


La visione psicotica e narcisistica della realtà non ci consente la percezione di vivere intimamente collegati l’un all’altro e con l’intero universo, e non ci rende lampante che chi insulta ed offende non fa altro che autodelegittimarsi  e autosabotarsi; perché oltre a negare l’esistenza di un Se collettivo, si autocondanna a far parte di quella schiera di persone che secondo il vecchio codice cavalleresco non avevano i requisiti per poter essere sfidati a duello, vale a dire persone senza onore.

Ma parole come onore, cavalleria, integrità sono parole fuori moda e ne abbiamo avuto una sgradevole dimostrazione da parte di certi parlamentari e ministri che negli ultimi giorni hanno dato una ampia dimostrazione  della loro carenza civile ed umana,  totalmente inconsapevoli del luogo e del ruolo rivestito, ma soprattutto della responsabilità che questo incarico pubblico comporta. Come se tutto ciò non bastasse, abbiamo dovuto assistere al un parlamentare che ha offeso senza ritegno una sua collega ignorando che si trattava  di una donna collega e per giunta già offesa dalla natura: dunque è stato come sparare sulla Croce Rossa.

Di fronte a tale  sfoggio di barbarie il sommo poeta avrebbe detto:"...rispondere si vorrebbe non con le parole ma col coltello a tanta bestialitade..."(1).


Tutti gli esseri umani sono capaci di violenza, per fortuna non tutti ne sono schiavi. Gli esseri umani di oggi sono il risultato di un lungo processo evolutivo ed il loro cervello condivide con i rettili del Carbonifero quello che il  neurologo Paul Mc Lean  definisce il “cervello rettile”, caratterizzato da una  presenza massiccia di  aggressività, sesso, potere, paura, materialismo sfrenato; dall’inclinazione gerarchica al dominio ed alla sottomissione; insomma una collezione di istinti molto bassi che scatenano risposte altrettanto primitive.
 
Per fortuna  siamo   dotati di altri due cervelli: il “limbico”(che condividiamo  con i grandi dinosauri di milioni di anni fa, mammiferi in grado di sentimenti di empatia, emozioni: piacere e dolore, amore e odio, rabbia e attrazione, speranza e sconforto, nonché di sentimenti sottili come la gentilezza e la dedizione, la compassione, la tendenza alla cooperazione e all’unione disinteressata ): ed il  “neocortex” (sviluppato in epoche più recenti attorno al cervello limbico, sede delle funzioni intellettuali e cognitive, della razionalità, dell’analisi e della facoltà decisionale. Il suo potenziale superiore è ancora in gran parte inespresso, ed è usato soprattutto per permettere al cervello rettile di mettere in atto strategie e comportamenti più efficaci).

Istinto, sentimento ed intelletto, sono  tre aree cerebrali indipendenti con funzioni diverse e in grado di dominarsi reciprocamente.
Purtroppo quello che vediamo accadere intorno a noi ci fa chiaramente comprendere in senso globale che  il cervello rettile primitivo sta dominando sugli altri, esprimendo livelli evolutivi inferiori caratterizzati dalla ricerca del piacere fisico e del potere sociale. Sostenuto in questo dall’emisfero razionale, che privato del suo potenziale superiore, induce all’egotismo e al controllo calcolato.

Drammaticamente l’imperativo territoriale proprio del cervello rettile si rispecchia nel geo-sentimento, ovvero nell’amore esclusivo per  la propria terra, fonte perniciosa di  molti problemi sociali e politici del mondo, giustificando guerre ed eccidi di ogni tipo. Ad esso si accompagnano la geo-religione, la geo-economia, la geo-sociologia e la geo-politica; tendenze che costringono la mente umana entro limiti ristretti e riduttivi, gettandola nella schiavitù del dogma e della superstizione, condannandola al gruppismo, al sessismo, al castismo, al comunalismo, al regionalismo e al nazionalismo, accendendo gli animi e facendo sfociare questi impulsi individuali e collettivi nel razzismo e nella violenza distruttiva che vuole a ogni costo annientare il diverso da sé.
 
Una mentalità che oscura il flusso dell’intelletto e genera antagonismo sociale e paura senza soluzione di continuità.
Si tratta di sistemi che sostengono esclusivamente interessi di parte  che bloccano il progresso globale  dell’umanità,  sistemi che mirano a creare divisione e ignoranza pietosamente polarizzati da una parte arcaica del cervello,  quello rettile, caratterizzato dalla ricerca esclusiva di potere e controllo culturale, economico e politico, di  una parte dell’umanità sull’altra, di una specie su tutte le altre, ponendo l’uomo al centro del suo mondo come dominatore assoluto, dando luogo ad una catena infinita di cause-effetti che ha le sue radici nell’ignoranza e nel prevalere di un sentimentalismo territoriale che diventa odio, di una religiosità che diventa fanatismo, di un potere economico che diventa sfruttamento e annientamento di interi paesi, di un’orgoglio razziale che diventa persecuzione;“Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”(2)  diceva il sommo poeta,  ma per far questo l’umanità ha bisogno di evolvere il proprio cervello e di conseguenza i propri valori ed obiettivi.

Abbiamo bisogno di cambiamenti, di un affinamento della nostra umanità. Siamo disgustati dalla volgarità prepotente dei più forti e non vogliamo essere trascinati in basso da un sistema vecchio milioni di secoli.
La ricchezza è ancora nelle mani di pochi e questo squilibrio sta mandando il pianeta in delirio; abbiamo bisogno di condividere sentimenti e ideali comuni e di nuovi leaders che sappiano farsi carico dei bisogni della collettività e non solo delle loro accolite; che siano  in grado di distribuire il benessere e  l’aiuto ai più sfortunati per  garantire una vita dignitosa a tutti .

 

 

(1) Dante Alighieri, Convivio, IV, XIV, 11
(2) Dante Alighieri, La Divina Commedia , canto XXVI

 
 

Cerca nel sito

Cerca per...

Sono con noi

Ci sono attualmente 0 utenti e 3049 visitatori collegati.