Nel corpo siamo indigeni o, forse,
solo malmessi. Serve capire da dove entrammo.
Sederci alla sua soglia. Individuare
la fuga espressa.
Ci sono estremi anche negli atomi. Ma in tempo
trasformano il loro tuono. Un modo
che incita le connessioni a tenersi
nel cambio di stato. In figura
si fa tardi a rispondere che cosa cambi
nella migrazione: partecipiamo
con le mani alla faccia della terra,
ci distingue il grado.
Questo gesto, nella parte minore di me,
è qualcosa che seguita a sopprimermi.
Liberare la voce, è un rimedio. Tossire,
prima che il metamero della gola
deprima la conversazione. Come
per le folaghe correre sull’acqua per l’involo:
un miracolo di velocità degli atomi mette solidità
nel sollievo.
Ma bisogna fare in fretta, approssimando
ora: che importa di come stanno
le cose – tutte, non solo i buchi che lasciano –
quando fanno per scomparire.
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