Scritto da © Maria34 - Mar, 01/12/2009 - 21:42
Maria Luisa Agnisetta Predon prof/ ed ex preside di un liceo di Rivoli, oggi fa parte dei miei 15 del gruppo laboratorio di scrittura, ha ricordato l'inaugurazione dell'unitre di Rivoli in qualità di una delle prime docenti: Inaugurazione 25 anni fà.
RIVOLI
Siamo nella nuova, austera Sala Consiliare del Municipio.
Mi guardo attorno, un po’ smarrita, un po’ intimorita, ma anche interessata.
La sala è affollata; il Sindaco sta parlando.
Sono accanto a lui, con gli altri esponenti dell’Università della Terza Età, che comincia ora, di fronte ad un mare di facce intente, curiose, alcune sorridenti, altre con espressione disorientata e spersa.
Anch’io mi sento un po’ frastornata.
Per più di quarantacinque anni ho avuto di fronte solo visi freschi, di ragazze e ragazzi adolescenti. Il ricordo dei loro faccini giovani, dalla pelle liscia, gli occhi splendenti, i capelli folti e lucidi dalle fogge più strane, è profondamente inciso nel mio cervello; lo porto inconsciamente dentro, sempre; e ora, dal fondo della mia mente, emerge, non volontariamente evocato, a formare un drastico contrasto con ciò che mi sta davanti.
Il nostro pubblico è composto esclusivamente da anziani.
Le teste bianche o grigie o tinte sono in grande maggioranza. Nelle prime file spicca anche qualche cranio luccicante.
Riunite in un gruppetto compatto, alcune signore eleganti di mezza età sfoggiano tutte lo stesso colore di moda in questo momento per nascondere i capelli bianchi: una raffinata sfumatura di biondo cenere scuro, molto chic. Sono evidentemente tutte clienti della stessa giovane pettinatrice che ha appena aperto un grandioso e moderno salone nella piazzetta, un po’ fuori posto nel nostro modesto quartiere.
Una volta, pochi decenni fa, questo era un piccolo borgo, con poche migliaia di abitanti, meno di diecimila. Ora, quasi entro gli stessi confini, gli abitanti sono più di sessantamila.
Siamo stati raggiunti ed inglobati dalla metropoli; le cascine e le piccole case sono state circondate e sommerse dai grandi edifici popolari, tutti uguali, tutti in fila. Siamo diventati un qualsiasi quartiere, piuttosto squallido, della periferia operaia della grande città.
Anch’io ho i capelli bianchi, ma un po’ mascherati da un correttore in schiuma che non costa molto, e che, quando sudo o quando piove, si scioglie e cola in rivoli sulla fronte. Proprio adesso temo di sentire qualche goccia di sudore che scende dall’attaccatura dei capelli: un sudore certamente nero.
Fa caldo, e sono emozionata.
Il sindaco sta parlando di me, mi sta presentando a quella marea compatta di volti. Mi esaminano, mi valutano, qualcuno che già mi conosce sta parlando a bassa voce con il vicino.
Di fronte ai miei ragazzi non sono mai stata timida, nemmeno quando ero giovanissima. Mi sono subito intesa spontaneamente con loro, non ho mai avuto problemi.
Ma qui è diverso. Conscia di essere nel vetrino del microscopio di tutte quelle persone ancora estranee, prego in fretta che quella goccia non stia per cadere con la sua scia grigiastra. E intanto mi sforzo di sorridere a tutti.
Ai miei futuri allievi dell’Università della Terza Età.
Agli altri docenti. Agli organizzatori. Al Sindaco. All’assessore alla cultura.
Ma chi me l’ha fatto fare?
Maria Luisa Agnisetta Predon
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