Scritto da © la pecora nera - Mar, 27/09/2011 - 20:14
Essere infelici a me sembra più facile che essere felici. Basta svegliarsi con un dolore nuovo o ritrovare il vecchio che si sperava fosse passato a qualcun altro, vedere casa sottosopra e una sedia di cose da stirare, dover pensare alla spesa e a cosa preparare a pranzo cena pranzo cena per tutta la vita dai 21 anni in poi. Prestare soldi anche se se ne ha pochi e perderli ogni volta perché ti sei fidato, quindi sei stupido e l'esser stupidi rende infelici. Basta trovare un ricco che fa un sacco di storie perché chiedi un appuntamento, dopo che già aveva dato la disponibilità a riceverti, e non lo puoi mandare a fare in c. perché lui è ricco e tu rischi il posto se gli dici che non è uscito dal davanti di sua mamma ma dal di dietro di suo padre.
L'infelicità parte dal cervello e come scossa elettrica ariva agli arti e alle falangi, e paralizza, mentre si tendono i segni del viso e non sorridi quasi più e ti viene da piangere sempre anche se il tuo amore ti dice che ti ama.
E' un'infelicità indotta vedere le umane debolezze, le paturnie diffuse e i piagnistei dei lagnanti in processione. Le mode che trascinano, le correnti di pensiero negativo che si ramificano creando succursali di pessimismo da cui puoi difenderti solo con un talismano che ancora non esiste.
L'infelicità soffoca sprazzi di felicità con l'apparizione dell'ottusangolo di turno, col quale tenti mille strade ma ancora non è abbastanza o il trombone maximo, che tutto prevede e tutto sa ma non sa una mazza e non glielo diciamo per paura di sbagliarci o perché siamo tromboni nella stessa orchestra. E' mai abbastanza quel che si è e si fa? Non saperlo è infelicità.
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