Scritto da © Gino Soloperte - Mer, 20/07/2011 - 16:07
Dopo una notte insonne, o forse nella veglia tra una stazione ed altra,
dopo aver traghettato, cercando d'immaginare il nostro primo incontro reale
ed infine dopo aver visto quel cartello e poi la stazione, ancora in disordine con mucchietti di stracci su cartoni sparsi sopra sotto dietro le panchine allineate sulla banchina
ti vidi
attraverso il finestrino appannato, dal di dentro sporco e graffiato dal di fuori come il mio cuore, ti vidi.
Ero su quel treno che veniva dal Sud che per decenni, forse oltre un secolo,
aveva portato la gente povera del Sud, in cerca di fortuna, nel freddo e squallido ma ricco Nord.
Dopo aver visto l’alba di riflesso in quel mare di ponente, tra le scogliere spumeggianti e le languide distese di sabbia, così simili a quelle a me care, ora trepidante, col ritmo dei binari spaiato da quello segnato dal mio cuore, con la sola vocale (affettata dizione) dell’imminente arrivo in città, ti vidi.
Riconobbi subito quella figura, sembrava quella che avevo immaginato ed usata per un nick, mi dicesti allora, mi piace passeggiare con l’ombrello sia sotto il sole che sotto la pioggia, anche se adombrata da un ombrellino parasole che girava nervosamente ed a scatti veloci mi dissi è Lei.
Quando ti sei girata verso il treno, come il sole bucasti i miei pensieri.
Come allora entrasti subito, dentro di me, riempiendomi di te e fugando ogni incertezza, io fui subito preso da te.
Così come per le tue prime righe in chat, poi che dire della ns prima webcam, fotografo, sempre, anche non autorizzato le persone, per osservarle nei lineamenti a …… sangue freddo.
Poi le cancello, alcune le stampo nella mia memoria, le pose sono false, la spontaneità e l’inconsapevolezza di essere osservate è verità.
Dimenticai le poche cose che avevo con me sul treno, tirai giù la valigia, dimenticando il portatile che mi ero portato per poter rileggere la ns corrispondenza durante il viaggio e poi forse per probabile soggiorno.
Tu, allora, sei salita con me per farmeli riprendere.
Non facemmo in tempo a scendere che il treno si mosse
fu così che comincio il nostro viaggio.
dopo aver traghettato, cercando d'immaginare il nostro primo incontro reale
ed infine dopo aver visto quel cartello e poi la stazione, ancora in disordine con mucchietti di stracci su cartoni sparsi sopra sotto dietro le panchine allineate sulla banchina
ti vidi
attraverso il finestrino appannato, dal di dentro sporco e graffiato dal di fuori come il mio cuore, ti vidi.
Ero su quel treno che veniva dal Sud che per decenni, forse oltre un secolo,
aveva portato la gente povera del Sud, in cerca di fortuna, nel freddo e squallido ma ricco Nord.
Dopo aver visto l’alba di riflesso in quel mare di ponente, tra le scogliere spumeggianti e le languide distese di sabbia, così simili a quelle a me care, ora trepidante, col ritmo dei binari spaiato da quello segnato dal mio cuore, con la sola vocale (affettata dizione) dell’imminente arrivo in città, ti vidi.
Riconobbi subito quella figura, sembrava quella che avevo immaginato ed usata per un nick, mi dicesti allora, mi piace passeggiare con l’ombrello sia sotto il sole che sotto la pioggia, anche se adombrata da un ombrellino parasole che girava nervosamente ed a scatti veloci mi dissi è Lei.
Quando ti sei girata verso il treno, come il sole bucasti i miei pensieri.
Come allora entrasti subito, dentro di me, riempiendomi di te e fugando ogni incertezza, io fui subito preso da te.
Così come per le tue prime righe in chat, poi che dire della ns prima webcam, fotografo, sempre, anche non autorizzato le persone, per osservarle nei lineamenti a …… sangue freddo.
Poi le cancello, alcune le stampo nella mia memoria, le pose sono false, la spontaneità e l’inconsapevolezza di essere osservate è verità.
Dimenticai le poche cose che avevo con me sul treno, tirai giù la valigia, dimenticando il portatile che mi ero portato per poter rileggere la ns corrispondenza durante il viaggio e poi forse per probabile soggiorno.
Tu, allora, sei salita con me per farmeli riprendere.
Non facemmo in tempo a scendere che il treno si mosse
fu così che comincio il nostro viaggio.
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