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Enti locali, svolta in Toscana: Addio vecchie Province? di Roberto Benatti

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VITA APUANA n° 27 del 17 luglio 2011
Enti locali, svolta in Toscana: Addio vecchie Province?  di Roberto Benatti

Un anno fa fummo sferzati, intimoriti, dalla minaccia del Governo di voler tagliare le Province, e fra esse anche quella di Massa Carrara (*). La manovra  presentata dal governo prevedeva di eliminare le province con meno di 220mila abitanti. Sulla questione degli eventuali accorpamenti (Lucca o La Spezia) si scatenò il gossip di turno. Personalmente scrissi che alla manovra forse era sfuggito un particolare non insignificante rappresentato dall’essere la nostra, provincia di confine. Già, sembrerà strano, ma la nostra è una provincia il cui confine...è il mar Tirreno! Nel programma di cooperazione transfrontaliera Italia – Francia Marittimo 2007-2013, per la Regione Toscana, sono stati dichiarati ammissibili i finanziamenti delle attività di cooperazione nei differenti settori tra diversi Stati membri. I territori interessati sono le province di Massa Carrara, Lucca, Pisa, Livorno, Grosseto. Ci sono peraltro, già dei progetti in corso fra Massa e Corsica, e altri giacciono in gestazione. E’ verosimile ritenere allora che la nostra provincia, fino a prova contraria, non possa  essere eliminata, pena lo scardinamento di tutta l’impalcatura della cooperazione internazionale. E non sarebbe nemmeno giustificata la discriminazione fra le province di confine e quelle autonome, a meno che il governo non voglia ammettere di usare un peso e due misure. Alla luce di queste considerazioni, si innesta oggi la posizione della Regione Toscana che pare sia essa, questa volta, a voler  tagliare il numero delle Province accorpandole secondo la suddivisione geografica delle tre aree vaste della Toscana (Firenze-Prato-Pistoia, Pisa-Livorno-Massa Carrara-Lucca, Grosseto-Siena-Arezzo). Tre maxi-Province, accorpamenti di Comuni piccoli, mannaia sulle Comunità montane e via di questo passo. Che strano vero? Prima ci fu una levata di scudi generale. Oggi tutto sembra passare sotto silenzio. Dipende forse, dal colore della maglia di chi prende le decisioni? Ossia è l’ “ubi maior” di turno che determina? E’ positivo comunque vedere tutte le autonomie locali schierate su posizioni comuni. Ben venga perciò, l’eliminazione dei cosiddetti enti inutili, pozzi a perdere di pubblico denaro e forse creati, quale limbo di transizione per quei personaggi politici “trombati” in altre sedi istituzionali. Magari fosse così sempre! Ora c’è anche il via libera di Comuni, Province e Comunità montane alla legge regionale di riordino degli enti locali. Al tavolo, che è stato convocato a Firenze a palazzo Strozzi-Sacrati dall’assessore regionale al bilancio e alle riforme istituzionali, Riccardo Nencini, hanno preso parte i rappresentanti di Anci, Upi e Uncem. E’ stato espresso parere favorevole alla proposta di legge che stabilisce, oltre alla trasformazione delle Comunità montane in Unione dei Comuni, la gestione associata di funzioni fra Province, e l’incentivo alla fusione dei piccoli Comuni. Si è parlato in particolare della valorizzazione dell’area vasta della Toscana centrale che comprende le Province di Pistoia, Prato e Firenze. «Una legge - ha spiegato  Nencini - che ci vede arrivare per primi in Italia a un effettivo riordino delle funzioni dei diversi livelli amministrativi; oltre al via libera rilasciato dal tavolo istituzionale, mi preme ricordare come lo stesso provvedimento abbia già ricevuto un mese fa il consenso anche del tavolo di concertazione generale dove sedevano rappresentanti di Confindustria, Cna, Confartigianato, e dei sindacati Cgil, Cisl e Uil». Un provvedimento che sarà in grado di assicurare «maggiore efficienza e trasparenza. «Per i cittadini - ha continuato Nencini - sarà adesso più facile sapere chi fa che cosa». Tutt’altro che trascurabili, secondo l’assessore, si riveleranno inoltre anche i risparmi derivanti dall’applicazione delle nuove norme: «Se i 135 Comuni della Toscana con meno di cinquemila abitanti, attivassero le Unioni, organismi a costo zero in quanto formati esclusivamente dai sindaci delle rispettive realtà che già hanno una propria indennità, il risparmio annuo che se ne ricaverebbe sarebbe di circa 6 milioni di euro. Se poi gli stessi andassero direttamente incontro alla strada delle fusione, incentivata economicamente, ma che dovrà sottostare in ciascun Comune all’esito di un referendum confermativo, il risparmio complessivo salirebbe a almeno 35 milioni annui». Forti alleggerimenti di costi dovrebbero poi derivare anche dalla gestione associata di funzioni fra differenti amministrazioni provinciali. Per le Province l’altra importante vittoria è poi scaturita attraverso l’ottenuto recupero delle deleghe finora attribuite alle Comunità montane, di bonifica, difesa del suolo e forestazione: «Ci riteniamo complessivamente soddisfatti - ha concluso Andrea Pieroni, presidente dell’Api regionale - nonostante avessimo auspicato un maggiore coraggio rispetto alla razionalizzazione dei Consorzi di bonifica, il superamento degli Ato e l’eliminazione di almeno un paio di Agenzie regionali».  In un recente sondaggio promosso da un quotidiano, oltre il 65% pensa che le Province vadano abolite del tutto . Il 33% condivide la proposta della regione toscana di ridurle a tre accorpate per macro aree, solo il 2 % è per mantenerle. Il vento romano spira a favore delle Province, anche se tutti, almeno a parole, ne reclamano l'abolizione o la riduzione. Dal sindaco rottamatore Matteo Renzi a Paolo Fontanelli, ex sindaco di Pisa ed ex presidente dell'Anci, che cinque anni fa propose un tetto di almeno 300mila abitanti per Provincia. Di dieci in Toscana ne rimarrebbero la metà. Sarebbe forse più saggio fare aree di almeno un milione di abitanti. Così come sono ora, non sono più sostenibili. Dalla Costituente ad oggi, tutti d'accordo sull'abolizione delle Province o almeno sulla loro riduzione. Ma esse, arroccate, hanno resistito tranquillamente. Da oltre sessant'anni. Robuste come querce secolari. La commissione dei 75 alla Costituente decise che era opportuno abolirle, poi l'abolizione venne superata in assemblea e la loro esistenza venne riconosciuta dalla Costituzione. Con un termine temporale: fino all'entrata in vigore delle Regioni. Quando le Regioni nacquero, nel 1970, il Parlamento decise che era meglio aspettare che i nuovi enti si irrobustissero prima di buttare a mare le Province. Infatti sono ancora lì, nonostante le Regioni abbiano ormai compiuto 41 anni di età. La riforma, comunque vadano le cose, è imposta dai problemi della finanza pubblica. Le spese correnti delle Province, cioè quelle che servono per mantenere la macchina (personale, telefoni, uffici, cancelleria ecc.), ammontano a 778 milioni l'anno. E non è vero che la Toscana sia una regione virtuosa. Le Province per numero di dipendenti (4.753 secondo le stime di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo nel loro “La Casta”) collocano la nostra regione al quinto posto in Italia. E il presidente Enrico Rossi cosa dice?: < Con questa legge regionale accorpiamo le funzioni delle nostre Province e la gestione dei servizi nei Comuni sotto i 5mila abitanti, che in Toscana sono 134 su 287>. Via libera dunque all’Unione dei Comuni. Meno enti per avere più efficienza e trasparenza. Sarà così anche quando dimezzeranno i parlamentari e rischieremo di restare senza rappresentanza politica? Forse qualcuno poi si pentirà d’aver alimentato l'antipolitica. Magari quando governeranno le lobby economiche. Ma sui forti risparmi chi non è d’accordo? Che sia la volta buona allora, anche per il comune unico fra Massa e Carrara? Coerentemente, ubi maior… Roberto Benatti

 Risultato del sondaggio aperto alle 18:10 del 07.07.2011

1-Le Province toscane andrebbero abolite del tutto
2- La proposta della Toscana (tre macro aree) è più equilibrata
3- Le Province devono rimanere dieci

Le Province toscane andrebbero abolite del tutto
64%
 
La proposta della Toscana (tre macro aree) è più equilibrata
32%
 

Le Province devono rimanere dieci
5%
 

(*)
Manovra/Abolizione province. Contrarietà di Evangelisti (Idv) e Rigoni (PD).
 
In merito all’annunciata abolizione delle province al di sotto di 220mila abitanti, che comprende quindi anche quella di Massa e Carrara, sono intervenuti i deputati Evangelisti, vicepresidente vicario del Gruppo parlamentare di Italia dei valori, e Andrea Rigoni, del gruppo parlamentare del Partito Democratico, entrambi toscani, con una lettera inviata al Presidente Berlusconi. Eccone il testo:
 
Roma, 26 maggio 2010
 
 
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
on. Silvio Berlusconi
 
e p.c.
 
Al Sottosegretario di Stato
alla Presidenza del Consiglio dei Ministri
dott. Gianni Letta
 
Al Ministro dell’Economia e delle Finanze
on. Giulio Tremonti
 
 
         Egregio Presidente,
 
Le scriviamo in ordine alle notizie secondo le quali la manovra di aggiustamento dei conti pubblici, appena varata dal Governo da Lei presieduto, prevedrebbe l'abolizione delle Provincecon popolazione inferiore ai 220mila abitanti e tra queste quella di Massa e Carrara.
        Non sono ancora note le ragioni per le quali si è ritenuto di fissare questa asticella a tale limite per definire l'utilità o l'inutilità delle Province. Certo è che non si comprende bene perché, ad esempio, Imperia con 220 mila 712 abitanti è ritenuta una provincia utile mentre Asti con 217 mila no, come pure la stessa Massa e Carrara con i suoi 203.734 abitanti.
        In ragione di questi annunciati provvedimenti, Le chiediamo di poter accordare ai firmatari di questa missiva un incontro per manifestarLe la nostra contrarietà e per poter discutere di eventuali correzioni da apportare.
        In attesa di un Suo positivo e gradito riscontro, voglia ricevere i nostri più cordiali saluti.
 
 
Fabio Evangelisti                                                                Andrea R
 

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