Peso lordo meno tara uguale peso netto? | Prosa e racconti | Franco Pucci | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Peso lordo meno tara uguale peso netto?

Aveva un’andatura claudicante, ondeggiava quasi fosse sul cassero di un peschereccio. Lo seguivo dappresso anch’io con la mia camminata circospetta di chi sente la terra ritmare strani brani latini americani sotto i piedi e non ha mai imparato a ballare. Maledetta cervicale! 
Il mio amico mi precedette e si accomodò sulla panchina di pietra, istoriata da dediche più o meno oscene, prospiciente al molo e mi attese. Non feci in tempo a sedermi e a riversare su di lui tutte le mie considerazioni sulla meteoropatia, il tempo assassino e balle varie, che mi apostrofò con la sua voce chioccia e stridente di vecchio gabbiano navigato. “Perché porti quel peso sulle spalle?” La domanda giunse inaspettata, ma mi acconciai alla risposta affettando una nonchalance a dir poco regale. “Lo zaino, dici?”- risposi fissando con intenzione la ruggine di un vecchio peschereccio ormeggiato lì vicino - “Ah, ma è la mia vita, i miei ricordi, i misfatti, tutto insomma, i miei anni.”  “E lo porti sempre con te?” continuò l’amico grattandosi l’ala destra con una certa difficoltà. Dopotutto non era di primo pelo neppure lui e gli anni e l’umidità della laguna avevano arrugginito anche i suoi movimenti. “Certo – continuai – ormai è una mia propaggine, fa parte di me, non posso staccarmene”. “Deve essere ingombrante, però…hai provato a svuotarlo e a fare un po’ di ordine lì dentro? Magari ci sono cose che non ti servono più, vedrai, ti sentirai più leggero, dopo!” Rimasi basito, ma sì tutto sommato forse il gabbiano aveva ragione. Così, sfidando il ridicolo della situazione poggiai lo zaino sulla pietra e iniziai la pulizia svuotandolo completamente di un colpo, con un solo movimento, rovesciandolo. Anni, ricordi, pezzi di vita masticata e mai digerita, piccoli amori, piccoli dolori, grandi cazzate, grandi giornate tutto rotolò sul molo e qualche pezzo finì direttamente in acqua, non me ne dolsi. Cominciai così la pulizia, ma la cosa andava per le lunghe, sicché il mio amico si stancò e, dopo essersi stiracchiato con le sue zampe, ormai di un giallo rancido data l’età, si alzò in volo stancamente apostrofandomi: “Buon lavoro, vecchio mio, ma ricordati, butta via anche lo zaino, altrimenti è un lavoro inutile!” “Sì – gli risposi – ma il resto, dove lo metto? “ “Lascialo lì, che te ne fai? E’ solo peso morto” – gracchiò ormai lontano – e sparì dietro agli ultimi pescherecci. Forse ha ragione, pensai, dopotutto chissenefrega. Guarda: cammino anche più sicuro, non dondolo più. Così, con l’illusione di una nuova e ritrovata leggerezza mi avviai verso casa, lasciando sul molo e sulla panchina quel che era rimasto della mia vita passata. Inutile dire che dopo dieci minuti sono corso incespicando con un groppo in gola a recuperare il tutto. Ho comprato un nuovo zaino. Giallo, figo.
 
 

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