Non erano ancora le sette, eppure i raggi del sole attraversando le imposte creavano nella stanza da letto, nell’angolo tra la cassettiera e la lampada in stile liberty l’effige di una rosa.
Quello che vedeva, lei riteneva un buon auspicio per la sua giornata, tra i bagliori di un risveglio dolciastro, il gusto di buono come un bacio sulla bocca e nella mente le immagini della notte passata fra le braccia del suo uomo.
Attendeva sognante la voglia d’alzarsi, nella sottoveste bianca, una gamba semiscoperta e tesa verso l’altra metà del letto ora vuoto, sul viso un’espressione serena, il cuore impegnato in una danza sudamericana, forse un samba o una salsa… e il desiderio di caffè prima che di qualsiasi altra cosa.
Sette e trenta, l’aroma aveva invaso ogni stanza, nella tazzina di porcellana il nero rifletteva la sua immagine mossa ed il vapore caldo le inumidiva il naso. Il suo cervello si risvegliava finalmente appagato dal profumo di quel nettare che avvolgeva ora la sua gola di piacere.
Un rapido escursus nell’armadio troppo disordinato, la ricerca rapida di una cosa da mettersi per uscire: quasi le otto, era già tardi come ogni mattina; un filo di trucco, una spazzolata ai capelli, salire su un paio di sandali scomodissimi dai tacchi impossibili ma così belli ed irrinunciabili… e via.
Otto e diciotto, metropolitana naturalmente piena di gente e di facce assonnate, tra ascelle odorose e abiti messi chissà quante volte, stranieri seduti davanti e dietro lei e un uomo sui sessant’anni che la fissava con un mezzo sorriso stampato sulla faccia pallida. Studenti e zaini, uomini finti, uomini tinti, quello seduto due posti più avanti, ha la ricrescita di un buon centimetro e mezzo, un artista che suona e canta poi passa col piattino e nessuno gli dà nulla. La gente è stanca di tutto già appena sveglia. Un altro signore col parrucchino messo male, lei sorride appena per non farsi notare, difficile trattenersi: sembra pelo sintetico… col caldo che faceva, mancava solo il gatto in testa. Si autodefinì cretina per i pensieri idioti che stava formulando, poi non apprezzava chi derideva le persone, ma lo stava facendo e rideva da sola!
Otto e trenta, in stazione, il quotidiano e le sigarette, un altro caffè al volo, pochi minuti dopo sarebbe arrivata nel suo ufficio. Giornata come tante, trascorsa fra telefono, progetti e studi da sviluppare. Finalmente le diciassette, e il ritorno a casa: bisogno vitale di una doccia o un bel bagno rilassante tra oli profumati e sali disciolti come diceva una sua vecchia poesia. Candele al sandalo e musica classica come sottofondo… si sarebbe preparata per lui, sperando potesse poi raggiungerla anche in piena notte, anche solo per un’ora.
Un momento di tristezza, come un presagio; si sorprese e non si riconobbe nel riflesso dei suoi occhi passando distrattamente davanti ad uno specchio esposto in una vetrina di un antiquario poco lontano da casa, dietro lei una forma colorata e mossa, cinque studenti coi capelli cortissimi e risate sguaiate... un coltello si conficcò con forza nella schiena di un clochard che stava raccogliendo un mozzicone da terra, questi accasciandosi guardava le sue dita che aveva portato alla schiena ed erano sporche di sangue. Nel fuggi fuggi generale, qualcosa successe e arrivò la polizia. Chiesero a tutti se avessero visto chi e cosa. Parlò il lattaio poi il panettiere, credo anche l'antiquario. Ogni uomo dava la sua versione ed era sempre diversa.
Sentì un vecchio mentre chiudeva il libro che stava leggendo, dire a un ragazzino che chiedeva: "sa chi è stato?"
"Ha un viso tondo e rubizzo un cappotto liso sui gomiti, un mazzo di palloncini colorati in mano".